lo spunto

Aperto il tribunale su Motta: ora nulla sarà più come prima

Manuel Minguzzi
Manuel Minguzzi Caporedattore 

Per capire Motta, pur nella discussione sui modi - duri ma comunque basati a cementare l'area tecnica per cercare di sbloccare risorse dal proprietario (pensate che Sartori e Di Vaio non vogliano un margine in più per agire?) - bisogna provare a mettersi nei suoi panni, ma è proprio quello che tanti volutamente non vogliono fare. L'allenatore diventa sempre il primo responsabile appena arrivano due risultati in meno, due partite brutte in più, diventa quello da cambiare subito perché arrivato a fine ciclo, quello che non valorizza tizio e caio, quello che non fa giocare bene la squadra, il primo da cacciare via per riaprire per l'ennesima volta le finestre e far entrare aria fresca. Teorie già più volte sentite in passato salvo poi tornare punto a capo, in un eterno cane che si morde la coda. Oggi al mister mancano sei giocatori, ci sono tre infortunati, mancano due esterni offensivi dal mercato, manca il terzino senza contare quelli andati via a scadenza (Soriano, Sansone, Kyriakopoulos, Cambiaso). Motta lavora su una entità che può essere stravolta o che addirittura non c'è e per comprendere il suo sfogo occorre guardare le cose, anche, dalla sua prospettiva. Servirebbe calibrare tutto tarando i diversi punti di vista, quelli della società che come tutte campa di plusvalenze e pure quelle tecniche di un allenatore che oggi vive una condizione emergenziale, ma alla fine diventa molto più facile prendere un bersaglio in bella vista e puntare il dito. Il Bologna ha tutto il diritto di far valere le gerarchie in organigramma e lavorare all'interno di un recinto economico, ma dall'altro lato Motta ha meritato con il lavoro sul campo un supporto concreto per continuare il percorso di crescita. E dopo 54 punti basterebbe poco. Di sicuro nulla sarà più come prima e una parte di Bologna farà partire il processo con un unico imputato: Thiago Motta.

 


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