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Mihajlovic: “Ringrazio i medici, sono stati straordinari. Bologna? Sono incazzato”

Manuel Minguzzi

Si passa alle domande sportive.

Ci sono occhi diversi ora in squadra?

"Non c'è stata una reazione col Parma, questo mi ha fatto arrabbiare. Anche se avessimo vinto non sarei stato contento. Io in quattro mesi ho visto tutto dalla televisione, ma essere là fisicamente è diverso. In questi due giorni ho rivisto la squadra di prima. Ho parlato ai ragazzi, da adesso in poi si dà tutto altrimenti saranno guai. Giocherà chi si merita, chi ha coraggio e chi fa quello che dico io, anche sbagliando".

Che effetto le ha fatto vedere il mondo del calcio unirsi assieme a lei?

"Il mio mondo l'ho sentito vicino, come una seconda famiglia. Prima della malattia dividevo la gente, ora sono riuscito a riunire. L'ultimo esempio a Torino, un anno fa mi insultavano quando andavo là invece stavolta si sono alzati in piedi ad applaudire. E' stato bello per me sentire questo calore".

Cosa vi siete detti lei e Ibrahimovic?

"Ci siamo sentiti un mese fa e dieci giorni fa. Lui è sicuramente interessato, se verrà sarà per me e capisco che ci saranno altre soluzioni. Prima di prendere ogni decisione mi chiamerà. Prima del dieci dicembre non sapremo nulla ma ci sentiremo ancora".

Ha stilato un calendario per il rientro?

"Ragioniamo giorno per giorno, per il primo mese ho dei controlli continui in ospedale. Per adesso posso andare al centro sportivo, non devo stare per tanto tempo chiuso con tanta gente, mentre fuori sì basta che non piova. Non posso prendere sole, devo mettere le creme protettive. Non potrò andare allo stadio per il rischio di prendere virus che sono di stagione. Tra Milan e Atalanta sono sicuro che ci sarò".

Per l'allenatore Mihajlovic quanto ha aiutato continuare a lavorare?

"E' stata una cosa inusuale, però la società mi ha aiutato tanto per continuare a fare il mio lavoro grazie alla tecnologia. Potevo intervenire durante gli allenamenti, ma non ero presente e questo fa differenza. Sapevo che loro avrebbero dato tutto però ero consapevole che a lungo andare le cose sarebbero cambiate. Tornando ora un po' alla normalità sono sicuro che ritorneremo a fare le cose come si devono fare".

Hai fatto l'allenatore di te stesso in ospedale

"Mi è servito tanto per tenermi occupata la mente, io ero attaccato da mattina a sera ai macchinari e stando chiuso e sdraiato, l'unica mia distrazione era leggere, guardare film e soprattutto guardare gli allenamenti. L'ultima volta che ho avuto riunione con squadra è stato dopo la Sampdoria, li ho comunicato che avrei dovuto fare il trapianto e che non sapevo quando ci saremmo potuti risentire. Non ci siamo sentiti per due settimane perché non ero in grado, avevo febbre a 39 e stavo a letto a dormire. Non ero in grado di fare nulla".

Ci racconti le tue domeniche in stanza?

"Si sentivano strilli da tutte le parti, infatti certe volte le infermiere non entravano perché ero incazzato. Sono state domeniche che non vedevo l'ora di affrontare, speravo sempre di vedere squadra che gioca il calcio che piace a me ma sapevo che non avrebbero potuto tenere il rendimento che volevo io. Se non c'è un allenatore che sta addosso è più difficile".

Che idea si è fatto del caos attorno al Var?

"Il Var è una cosa utile, però certe situazioni non le capisco, soprattutto sui falli di mano. Magari non sono abbastanza intelligente per capirlo. Quando succede a noi pare ci sia sempre una giustificazione sui falli di mano. Magari bisogna fare regole più semplici. Serve un ingegnere nucleare per capire posizione naturale o innaturale".

Vuole conoscere il suo donatore?

"Ci terrei a conoscerlo, purtroppo non si può. Sicuramente gli farò avere una lettera".

Ci racconti il suo rapporto con Miroslav Tanjga

"Noi siamo amici da una vita, ci conosciamo da trent'anni. E' un fratello per me. Capisce di calcio, ma soprattutto ti dice quello che pensa, ed è quello che serve a me. Mi fa riflettere e questo è importante. Anche da lui mi aspettavo di più, però sono tutti bravi ragazzi e per fare certe cose servono sfaccettature caratteriali diverse. Lo staff lavora bene, ha passione, competenza, la nostra squadra è sempre stata organizzata. Ci mancava uno step in più, quella sana paura che in una squadra serve".

Il dopo partita col Brescia?

"E' stata una bella sorpresa, ma credo che non avremmo vinto se loro non fossero rimasti in dieci. Scherzando ho sempre detto che la squadra è venuta a pulirsi la coscienza. Ero contento, ma anche arrabbiato per le cose non andate bene".

Panchina d'oro?

"Sicuramente l'accetterei ma solo per quello che ho fatto col Bologna in campo, non perché sono malato. Se il riconoscimento sarà per il mezzo miracolo della salvezza lo accetto volentieri, altrimenti non mi serve".

 

 

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