editoriale

Andersson e quella maglia da bambino…

Per una volta, non vorrei soffermarmi sul calcio di oggi, ma fare una sorta di “Amarcord”, un tuffo nel passato e tornare con la mente a qualche anno fa. Per fare questo, è bene cominciare con l’attualità, visto che ieri si è...

Giacomo Bianchi

Per una volta, non vorrei soffermarmi sul calcio di oggi, ma fare una sorta di "Amarcord", un tuffo nel passato e tornare con la mente a qualche anno fa. Per fare questo, è bene cominciare con l'attualità, visto che ieri si è concluso il primo torneo internazionale We Love Football, organizzato dallo storico capitano del Bologna Marco De Marchi con l'ausilio di Oblivion Production e dedicato ai ragazzi del 2001, i giovanissimi di oggi e futuri campioni del domani. Sono stati giorni intensi per chi come me ha avuto il piacere di guardare tante partite nei campi di Bologna e provincia, culminate con le semifinali e la finale allo Stadio Dall'Ara. Al di là della qualità in campo dei singoli giocatori (qualche nome sul mio personalissimo taccuino l'ho segnato, che poi dovrà essere verificato tra qualche anno), sono state giornate all'insegna dello sport, della gioia e del divertimento, oltre che del confronto culturale e della conoscenza di stili di calcio diversi. Si è visto il calcio croato, molto basato sulle individualità, si è visto l'organizzato calcio greco e il divertente e convincente calcio spagnolo, con l'Atletico Madrid che ha giustamente trionfato nel torneo.

Cosa c'entra il Bologna, in tutto questo? C'entra, c'entra, per diversi motivi: c'era il Bologna under 15 di mister Morara, uscito nel girone ma che ha fatto vedere comunque cose discrete, c'era Marco Di Vaio a presenziare alla finale, si è giocato nella casa dei rossoblù e c'erano tanti bolognesi, a seguire le partite. E cosa c'entra l'"Amarcord" di cui sopra, allora? C'entra anche questo, ed è collegato al nostro amato Bologna, e la foto qui sotto lo può dimostrare.

De Marchi ha organizzato tutto minuziosamente, è stato la mente ed il braccio operativo di un progetto meraviglioso, e ha voluto come ciliegina finale, l'arrivo dei suoi vecchi compagni di squadra. "In fin dei conti, sono sempre il loro capitano", ha detto scherzosamente qualche giorno prima che cominciasse il torneo. E allora, ecco che ieri sono tornati a calcare il manto verde Kenneth Andersson, Michele Paramatti, Jonatan Binotto, Andrea Tarozzi, Renato Villa e Dario Morello, oltre al club manager rossoblù Marco Di Vaio, che la storia l'ha scritta ma in un passato un po' più recente. Ha fatto un certo effetto rivedere questa "reunion" dei grandi rossoblù, e ha scaldato il cuore della gente e dei presenti. È stato un piacere risentire il brizzolato Paramatti ricordare il suo rapporto con i tifosi e sentirgli dire: "Io con questa gente avevo un rapporto speciale, mi auguro che anche i giocatori di oggi riescano a dimostrare l'attaccamento alla maglia che avevo io, che la gente apprezzava." Lui, che la fascia al braccio l'ha sempre portata con onore, lui che era quello del "Gioca bene, gioca male, Paramatti in Nazionale". E mentre era su quel campo, sono tornate in mente anche le giocate e le corse di Jonatan Binotto, che correva sulle fasce laterali come un treno, che era un giocatore meraviglioso nel Bologna di fine anni '90, e che a Bologna è voluto tornare per rimanerci a vivere.

L'emozione più grande, però, l'ho provata quando è arrivato Kenneth Andersson: mi è tornata alla mente la prima maglia rossoblu che mi comprò mio padre allo stadio, che conservo gelosamente e che aveva il 19 sulle spalle; mi sono tornati in mente i suoi stacchi aerei, il suo essere così grande e allo stesso tempo così bello da vedere; mi sono venuti in mente le sue movenze vellutate e i suoi goal. Insomma, sono tornato bambino per un secondo, il tempo si è fermato ed è stato fantastico così. Una bellezza rivederlo a Bologna, un onore stringergli la mano e apprezzare la sua disponibilità. Era un Bologna meraviglioso, quello là. Era un Bologna che ha fatto sognare ed innamorare la gente. È stato meraviglioso rivedere quei campioni sul campo del Dall'Ara, rivedere che anche dopo tanti anni il rapporto tra loro è rimasto solido, forte e costante. Il Bologna di oggi ha le potenzialità di creare qualcosa di simile, a mio parere. Bisogna lavorarci, bisogna continuare a crescere. Però l'impressione è che si stiano mettendo le fondamenta per rivivere qualcosa del genere. Intanto, in attesa del futuro, quello di ieri è stato un Amarcord meraviglioso.