Il 2 maggio 2004 l'Empoli battè 2-0 il Bologna alla trentaduesima giornata del Campionato di Serie A, con le reti di Manuel Belleri (40') e Ighli Vannucchi (74').
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Empoli-Bologna, l’amarcord

Lo Scudetto fu vinto dal Milan, trascinato dal uso inarrestabile bomber Andrij Shevchenko, autore di 24 gol e vincitore non solo della Serie A e della palma di capocannoniere, ma anche del prestigioso “Pallone d'oro”.
Per i rossoblù emiliani, invece, oltre alla salvezza acquisita, ci fu anche l'addio di Giuseppe Signori al club, dopo 178 partite e 84 reti, insieme anche alle prodezze con le maglie di Foggia e Lazio.

Anche un altro “big” del calcio italiano abbandonava i palcoscenici nazionali: Roberto Baggio.

Dopo un quadriennio al Brescia (2000-2004), il “Divin Codino” di Caldogno salutava i tifosi di tutta la nazione che aveva fatto sognare sia nelle società in cui aveva giocato (Fiorentina, Juventus, Milan, Bologna, Inter e, appunto, le “rondinelle”), sia in Nazionale, specialmente con le magie nei mondiali del '90, del '94 e del '98.
Ma in quell'anno fu anche disputato l'Europeo in Portogallo, con la partecipazione delle consuete 16 squadre, tra cui l'esordiente Lettonia. L'Italia era stata sorteggiata nel gruppo C, assieme a Svezia, Danimarca e Bulgaria. Purtroppo il cammino degli azzurri di Trapattoni, che due anni prima erano stati vittime dello scandaloso arbitraggio di Byron Moreno nel mondiale nippo-coreano, nell'edizione lusitana della massima competizione continentale per nazionali, furono vittime del biscotto: pareggiarono 0-0 con la Danimarca (14 giugno 2004) ed 1-1 con la Svezia (18 giugno), vincendo inutilmente 2-1 con la già eliminata Bulgaria nell'ultima gara (22 giugno). La beffarda eliminazione era dovuta a due fattori. Primo la differenza reti tra l'Italia e le due formazioni scandinave, questo il rapporto gol fatti-subiti: 3-2 per la compagine tricolore, 8-3 per gli svedesi e 4-2 per i danesi.
Secondo, la terza partita, tra le due formazioni “vichinghe”, terminò 2-2 con forti sospetti di una possibile aggiustamento del risultato in modo da far uscire gli azzurri e ci fu furono diverse scritte sugli spalti del “Estàdio do Bessa Sèculo” che fornirono materiale a sufficienza per gli sportivi ed i giornalisti. Si concluse così, in maniera ingloriosa, il ciclo di Giovanni Trapattoni sulla panchina della nazionale italiana, ne sarebbe iniziato un nuovo con Marcello Lippi, che due anni dopo avrebbe portato l'Italia sul tetto del mondo.

Altri passaggi ai quarti furono quelli dei portoghesi padroni di casa assieme alla Grecia, con due gare assolutamente da menzionare: la vittoria degli ellenici contro i lusitani per 2-1 all'esordio (12 giugno 2004), quasi un assaggio della futura vittoria greca nella finalissima, nonché quella della nazionale del ospitante appunto nel derby “iberico” con la Spagna per 1-0 (29 giugno), che comportò l'eliminazione delle “furie rosse”, anch'essa per differenza reti. Avanzarono anche Francia, Inghilterra, Olanda e Repubblica Ceca, con la Germania, inserita nel gruppo D insieme ai lettoni, agli “orange” ed ai ceki, i quali si vendicarono della sconfitta patita nella finale europea del 1996 battendo 2-1 i teutonici nell'ultima partita (23 giugno 2004), che così uscirono ingloriosamente senza aver mai vinto. In tema di rivincite, Svezia e Danimarca nei quarti di finale rimasero vittime di una sorta di “pena del contrappasso” per l'eliminazione dell'Italia: i primi furono eliminati ai rigori dall'Olanda dopo che i 120 minuti di gioco si erano chiusi sullo 0-0, mentre i secondi incassarono un secco 3-0 dalla Repubblica Ceca. Sempre ai rigori passava il Portogallo contro l'Inghilterra, mentre tutti iniziavano ad accorgersi della Grecia, che batteva 1-0 la Francia dei temuti Zidane, Lizarazu, Vieira, Henry, Thuram e Trezeguet e proseguiva così indisturbata la sua marcia.

Nelle semifinali i lusitani superarono 2-1 gli olandesi, mentre gli ellenici coglievano un incredibile ed inaspettato successo contro i ceki: proprio all'ultimo minuto del primo tempo supplementare, Dellas aveva svettato di testa su calcio d'angolo, segnando beffando così la distratta retroguardia avversaria. All'epoca esisteva la regola del “silver goal”, la quale stabiliva che se in caso di marcatura, finiva la frazione di gioco, ma allo scadere regolamentare, senza più lo stop immediato del “golden goal”.
I ceki, che contavano nella loro rosa calciatori del calibro di Nedved, Poborsky e Baros, uscirono dal torneo con le lacrime agli occhi dalla disperazione, mentre tutto il mondo sportivo si volgeva ad assistere così ad un atto finale che nessuno avrebbe mai pronosticato: il 4 luglio 2004, al “Estàdio da Luz” di Lisbona, la Grecia si aggiudicò la finalissima contro i padroni di casa grazie ad un gol di Charisteas al 57' (terzo personale) e resistendo poi all'assedio tremendo dei “rosso-verdi”.

Il triplice fischio finale dell'arbitro Merk suggellò un'impresa memorabile, che nemmeno il più ottimista dei tifosi greci avrebbe mai potuto immaginare, un qualcosa di magico, che portò alla ribalta del palcoscenico europeo ed internazionale non solo una squadra, ma anche una nazione che tanto aveva dato al mondo con la sua storia e la sua cultura: in Grecia erano nate le Olimpiadi, come pure la filosofia e la democrazia moderna occidentale. In quella serata indimenticabile di inizio luglio, tutta l'Europa si tinse di bianco e blu.

Altra nota doverosa, in quell'edizione del trofeo continentale iniziarono ad illuminare i campi di calcio con le loro prodezze due giocatori che, arrivando ad oggi, hanno scritto i loro nomi nella memoria collettiva: lo svedese Zlatan Ibrahimovic ed il portoghese Cristiano Ronaldo.
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