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15 anni senza Giacomo Bulgarelli, la massima icona rossoblù

Redazione TuttoBolognaWeb

La sua parabola con i colori azzurri è presentato un conto piuttosto salato, contrassegnato da tante delusioni e sfortune personali.

E se la carriera di Giacomo Bulgarelli da simbolo ed icona dei Felsinei è da ritenersi ricca di soddisfazioni personali e di squadra come lo scudetto del '64, due Coppe Italia, una Coppa Mitropa e una Coppa di Lega Italo-inglese, lo stesso non si può dire della sua parabola con la maglia della nazionale italiana, contraddistinta senz'altro dal successo dell'Europeo del '68 (seppur senza mai essere impiegato da Valcareggi), ma anche da cocenti delusioni e da guai fisici che l'hanno contraddistinto tra il 1962 e il 1967, l'anno della sua ultima partita con la nazionale italiana contro la Romania.

La sua sfortuna fu senz'altro quella di aver giocato in due spedizioni, quella del 1962 e del 1966, che risultarono fallimentari per l'Italia, ma il paradosso vuole che lui stesso, in entrambe le edizioni, fosse stato una delle poche note liete degli azzurri. In Cile fu infatti protagonista di una splendida doppietta contro la Svizzera, una prestazione risultata purtroppo vana a causa dei mancati risultati nelle due precedenti partite contro Germania Ovest e Cile. Anche l'edizione tenutasi in Inghilterra non sorrise a Bulgarelli, in quanto si infortunò in occasione della famigerata sconfitta contro la Corea del Nord proprio quando stava risultando uno dei più propositivi di un'Italia piuttosto deludente.

E se è vero che la sua avventura azzurra è risultata breve e contrassegnata da "solo" 7 gol in "sole" 29 partite (un gol ogni quattro partite di media), nonché finita relativamente presto, ciò non condizionerà mai la percezione di un calciatore eccezionale che per la nazionale italiana ha dato tutto e che avrebbe meritato senz'altro maggior fortuna e molte più opportunità. Avrebbe senz'altro meritato di essere uno dei titolari nella spedizione messicana del '70, in cui l'Italia, senza la sua guida a centrocampo, riuscì a finire dietro il Brasile di Pelé. Per le sue qualità straordinarie e per la sua leadership tecnica, avrebbe senz'altro meritato di essere tra i campioni che presero parte ad una delle edizioni più iconiche della competizione più importante al mondo.

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