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Poi c'è l'Europa, che ormai rappresenta un'altra sindrome. La paura di giocare una terza competizione annuale che creerebbe scompensi in campionato, gite eno-gastronomiche e mazzate varie in giro per l'Europa e l'Italia. Un altro mistero cittadino, a volte davvero da Calimero di turno. Non si capisce perché Atalanta e Fiorentina siano riuscite a inserirsi a certi livelli e a sopportare le tre competizioni, mentre solo il Bologna non ne sarebbe in grado. Eppure per tutti il proprietario è solido, soprattutto per coloro che sempre lo hanno difeso, i dirigenti bravissimi e l'allenatore un predestinato. E allora dove sarebbe il problema? Tre componenti capaci di fare il proprio mestiere dovrebbero avere tutte le competenze necessarie a creare una struttura capace di sostenere tre competizioni all'anno, un aspetto che già in parte si sta vedendo con rose più profonde rispetto al passato e con l'ulteriore dimostrazione recente grazie a sette punti in tre partite ma con sei giocatori fuori (tra cui il miglior marcatore dell'anno scorso). Il prossimo passo, visto che per ora i risultati sono oltremodo buoni, sarà quello di sconfiggere queste due sindromi, nate con maggior risonanza negli ultimi anni perché quando eravamo piccoli, a fine anni '90, non ci si poneva il problema di giocare e divertire quando si andava in semifinale di Coppa Italia e Coppa Uefa. Il Bologna arrivava nono in campionato e divertiva in settimana, assumendo uno status da squadra europea. Cosa ora debba precludere un ritrovato percorso internazionale non è dato sapersi, se non appunto una sindrome da debellare.