Ieri si è interrotta una delle favole umane e sportive più importanti nel panorama sportivo. Sinisa Mihajlovic, nel gennaio 2019, sostituì l’esonerato Pippo Inzaghi, unico mister dell’era Saputo preso a giugno, a bocce ferme. Era un Bologna penultimo in classifica con appena 14 punti in 21 partite giocate. Subentrò dopo il nefasto 0-4 del Dall’Ara contro il Frosinone. Per Mihajlovic, che a tutti gli effetti fu un ritorno, visto che iniziò la carriera da allenatore 10 anni prima proprio a Bologna, lo attendeva un difficilissimo avversario; l’Inter al Meazza. I rossoblu vinsero 0-1 con rete di Santander. Da lì, iniziò la splendida cavalcata con un decimo posto finale, con 44 punti, 30 ottenuti da Sinisa in 17 partite. Una media punti se non da Champion’s, sicuramente da Europa League. Nella stagione 2019-20, si stavano ponendo le basi per far decollare il Bologna verso traguardi più ambiziosi. I riscatti di Orsolini, Sansone e Soriano per 30 milioni di euro e gli acquisti di Dominguez, Tomiyasu, Denswil e Skov Olsen, ad una cifra vicina ai 30 milioni, oltre a Bani, Schouten, Medel, Lappalainen e Vignato per altri 10, ne erano la conferma. Saputo aveva investito circa 70 milioni di euro per consegnare al mister serbo, una squadra competitiva, complice anche l’entusiasmo della squadra e della piazza. Sinisa aveva anche inserito nel suo staff, solo nel periodo del ritiro a Castelrotto, l’ex pugile Vincenzo Cantatore per provare a ridare stimoli ad un anemico ed asfittico Mattia Destro. Sappiamo poi che Sinisa non poté salire a Castelrotto per via della sua malattia che lo costrinse a restare a Bologna e ad essere subito curato.