Bologna e Atalanta è come se ieri sera avessero vinto entrambe un trofeo. Le piazze e la gioia erano colme allo stesso modo, mentre una stendeva il Leverkusen, 51 partite senza sconfitte, e l’altra celebrava per la terza sera di fila l’ottenuta Champions League, che sotto i portici vale come l’Ottavo Scudetto. La differenza è che un allenatore ha raggiunto l’ottavo anno a Bergamo, l’altro dopo due saluta Bologna e sceglie la Juve. E’ un peccato che anche qui non sia stato possibile costruire un ciclo a lungo termine con un grande allenatore, tra l’altro allievo di Gasp, che avrebbe potuto portare il Bologna a vivere una notte in stile Bergamo, cioè vincendo una coppa. Perché c’era la sensazione che con Thiago Motta avremmo potuto fare qualsiasi cosa, senza paura, con ambizione, fino anche ad alzare un trofeo che potesse essere una Coppa Italia o una Conference. E sarebbe stato il nono scudo. Non sarà così, perché a volte restare è molto difficile e resistere ai richiami dell’ambizione più alta impossibile. Il pesce più grande che in natura mangia sempre il pesce più piccolo, anche se a volte, come dimostrato dall’Atalanta, può accadere il contrario. Anzi, succede molto spesso recentemente e le parole di Agnelli di qualche anno fa ‘rispetto l’Atalanta, ma è senza storia internazionale’ risuonano come un boomerang che mette la parola fine a chi voleva un circolo chiuso di élite in cui cantarsele e suonarsele tra di loro.
lo spunto
Il coraggio di restare come Gasperini. Motta invece saluta e diventa avversario
Motta lascia Bologna e va alla Juve: un peccato non fare come Gasp. Ora mantenere il Bologna in zona Europa