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Bologna, quanto è realistico parlare di Europa?

Manuel Minguzzi

La realtà del Bologna attuale è totalmente diversa rispetto da quella ben radicata nel nostro immaginario. Non siamo lo squadrone che tremare il mondo fa da più di cinquant'anni, non vinciamo un trofeo da più di quaranta (Intertoto escluso), non andiamo in Europa da quasi venti. Di 111 anni di storia, circa il 40%, tutti racchiusi nell'era moderna, raccontano di un Bologna che non può essere paragonato a una big. Lo è se si guardano i trofei in bacheca globalmente ammirati in bacheca senza un contesto temporale definito, lo è pensando alla sua gloriosa storia vincente iniziata negli anni '20, non lo è se si guarda il presente, sia a livello di risultati sia a livello economico. L'avvento dei diritti tv ha cambiato il mondo del calcio, lo ha spiegato bene Adriano Galliani a Sky all'apertura del mercato, sottolineando come una volta a livello europeo anche Celtic e Benfica fossero big di spessore, capaci di tenersi i giocatori migliori e di vincere trofei su trofei, poi qualcuno ha deciso che i loro campionati valessero poco, producendo un dislivello di ricchezza ormai incolmabile e a favore di coloro che ora dominano mercati e competizioni. Il Bologna fino agli sessanta era una big, ora non più e il percorso di ricostruzione di questo status non può che essere lungo e faticoso, soprattutto senza nessuna certezza di riuscirci.

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