Si discute molto, da un anno a questa parte, del famoso tetto agli ingaggi in casa Bologna. Oltre i due milioni più bonus non si va e non ci saranno deroghe nemmeno con le coppe europee, segno che la società vuole continuare con la politica che le ha permesso di arrivare fino a lì: sostenibilità, plusvalenze e reinvestimento. Non è facile da accettare, ce ne rendiamo conto, significa che mercati più ricchi possono saccheggiare, ma per un club come il Bologna non ci sono tante soluzioni se non questa. Alzare il tetto agli ingaggi significa non solo adeguare il contratto di chi non si vuole cedere (Beukema o Calafiori l'anno scorso), ma a cascata anche tutti quelli degli altri giocatori presenti in rosa. Portare Calafiori a 4 milioni (la cifra della Premier) o Beukema a 3 più bonus, significa anche alzare tutti gli altri (Orsolini da due a tre e così via), con un differenziale, al lordo, che può portare a un incremento esagerato del monte ingaggi. Vorrebbe dire avere costi da top club europeo senza un'adeguata copertura con i ricavi, ovvero creare un trend non sostenibile sul lungo periodo. Non è una difesa di ufficio alla società, solo una spiegazione di come funziona il mercato. Sia chiaro, Saputo ha le spalle larghe per farlo, ma non ha l'aria dell'imprenditore spendaccione per assecondare gli umori della piazza, la quale oggi ha comunque in mano una squadra che ha fatto la Champions e vinto una Coppa Italia.
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