E così siamo qui a parlare della stessa partita che si ripete da settembre a oggi, della tenacia del Bologna che ci prova, anche con coraggio, ma senza la qualità sufficiente e necessaria per fare quello che il nuovo formato della Champions avrebbe consentito. Con un girone da quattro, come da vecchio regolamento, era praticamente impossibile passare il turno, ma con uno unico e 24 promosse su 36 al turno successivo tutto era più fattibile. A patto di essere attrezzati. E non lo siamo. Magari il prossimo anno il club sarà ancora in qualche competizione europea, non chiudiamo le porte alla provvidenza, ma avere sprecato questa occasione è un macigno che rimarrà tanto nel cuore di chi ha goduto l’anno scorso e imprecato spesso ora. Erano otto partite, queste, che andavano gustate col sapore speciale di un club ricco, pronto a tenere la scena, forte di un’area tecnica capace, un proprietario facoltoso, quindi con tutti i crismi per entusiasmare. Non sarà così. Nessuno aveva chiesto di vincere la Champions, folle solo pensarlo, ma quantomeno si doveva dare l’impressione di meritare di starci e di non venir etichettati come gli imbucati da cacciare fuori dalla festa. Invece, le ultime tre partite rischiano di essere le classiche gite enogastronomiche con speranze al lumicino di passare il turno.