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L’arte di spendere e non spendere

Una volta il modello era l'Udinese, ora fare plusvalenze non va più bene, mentre va di moda l'Atalanta, ma Percassi quanto spende?

Manuel Minguzzi

Nel Bologna dei tempi bui, il nostro modello, il faro da cui farci guidare nella rotta, era l'Udinese. Scovare giovani e rivenderli, nel frattempo grandi risultati sul campo. Certo, l'Udinese degli anni duemila ha divertito ed è anche andata più volte in Europa, nulla di paragonabile con quanto sta facendo il Bologna adesso. Però serve sempre contestualizzare la situazione perché Saputo è qui da tre anni e servirebbe andare a vedere il rendimento dell'Udinese di Pozzo all'inizio della sua avventura. Il patron sbarca a Udine nel 1986 e retrocede per via di una penalizzazione reduce da gestioni precedenti. Salirà in Serie A solo due anni dopo ma non ci starà stabilmente. Infatti retrocede immediatamente nel 1990 quando su Pozzo aleggia anche un deferimento per illecito sportivo. L'Udinese torna in A nel 1992/1993, ma non ci rimarrà ancora a lungo. Retrocederà anche nel 1994 e risalirà l'anno successivo, da lì in poi sarà solo Serie A. In sintesi, nei primi sette anni di avventura Pozzo, l'Udinese è retrocessa tre volte. Nei primi tre anni una retrocessione e due anni di Serie B. Però ci si ricorda solo dei Di Natale, Sanchez e compagnia bella. Non solo, perché spesso si accusa Saputo di non spendere. Negli ultimi 12 anni il saldo delle varie sessioni di mercato dei Pozzo è in attivo. Secondo dati Transfermarkt, dal 2006 a oggi l'Udinese ha speso 152 milioni di euro in acquisti, incassando 194 milioni di euro dalle cessioni. Plusvalenze. Semplice.

Adesso va di moda l'Atalanta, ma Percassi come si è comportato? Leggendo da Wikipedia, in quegli anni non ho ricordi calcistici vivi, Percassi diventa per la prima volta presidente dell'Atalanta nel 1990. Fa tre anni di Serie A piazzandosi decimo, undicesimo e ottavo (dati Transfermarkt, quindi meglio del Bologna), poi retrocede nel 1994 e passa la mano a Ruggeri. Ritorna nel 2010 alla guida nerazzurra quando la squadra è in B. Fa come Saputo, sale immediatamente e nelle successive tre annate di A si piazza 12esimo, 15esimo e 11esimo. Nella quarta stagione rischia di retrocedere, ma arriva 17esimo e si salva. Nella quinta stagione, Reja in panca, resta un girone intero senza vincere e serve un arbitraggio rivedibile di Giacomelli per consegnare ai nerazzurri il successo sul Bologna. Il tutto avverrà con i senatori in campo (tra questi Diamanti) e tutti i giovani esplosi oggi allora seduti in panchina. Ad ogni modo, anche Percassi non ha sperperato i suoi soldi. Nel 2010/2011 ha investito per tornare in A 15 milioni in acquisti incassando dalle cessioni 12. Pareggio nel 2011 (11 spesi-11 incassati), attivo nel 2012 (16 spesi-18 incassati), passivo nel 2013 (10 spesi-6 incassati), passivo nel 2014 (18 spesi-11 incassati), grande attivo nel 2015 (15 spesi-30 incassati), grande attivo l'anno scorso (10 spesi-37 incassati) e passivo in questa stagione (48 spesi-43 incassati). In sostanza, dal 2010 a oggi Percassi ha speso 143 milioni sul mercato incassandone 168. In linea di massima, dunque, non è tanto quanto si spende ma come si spende. Guarda caso, nell'anno in cui l'Atalanta è approdata in Europa League Percassi ha speso 10 milioni incassandone più del triplo. Massimo risultato col minimo sforzo, ottenuto anche cambiando allenatore dalla stagione precedente. Insomma, tutti agiscono di plusvalenza e tutti cercano di non incrinare il bilancio dopo una sessione di mercato. Solo Saputo, dopo aver ripianato 40 milioni di debiti ed essere a 130 milioni spesi per il Bologna, dovrebbe continuare ad elargire immense quantità di denaro senza vendere nessuno. Non siamo in un mondo ideale.

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