editoriale

Quando ad essere bendata non è la Dea…

In quella minuscola frazione di secondo in cui ho visto Livaja pronto per scoccare il tiro, prendendo in considerazione vari fattori tra cui la distanza, ho pensato: ‘’Questo lo parerà ad occhi chiusi’’. E, infatti,...

Redazione TuttoBolognaWeb

In quella minuscola frazione di secondo in cui ho visto Livaja pronto per scoccare il tiro, prendendo in considerazione vari fattori tra cui la distanza, ho pensato: ‘’Questo lo parerà ad occhi chiusi’’. E, infatti, Curci gli occhi li ha chiusi pure ma, purtroppo, non ha parato. O meglio, si è tuffato in maniera goffa, come la sottoscritta quando ai tempi della scuola nell'ora di educazione fisica si cimentava in improbabili bagher. Il punto è che quello non era e non è il mio lavoro. Sia chiaro fin da subito: il portiere perfetto non esiste. E sia altrettanto palese che i tifosi del Bologna non avevano questa ambizione ultraterrena: ci bastava un individuo che svolgesse la sua mansione senza picchi di eccellenza (a cui ormai siamo disabituati in ogni senso) ma anche senza queste disastrose performance. A tal proposito, premettendo che non sono un'amante del ruolo dei procuratori nel calcio, vorrei lanciare una provocazione: appena i loro assistiti fanno qualcosa di mediamente positivo, questi ambigui individui si recano, con tanto di sopracciglio alzato e contratto alla mano, a chiedere la questua alla società di turno, costretta al ricatto di adeguarsi ai ritocchi proposti dal signore in questione che, viceversa, aprirà la propria ruota da pavone e farà cominciare la danza di corteggiamento verso altre squadre. Fa riflettere che però, tra mille premi e aumenti vari, non figurino dei ‘’malus’’, così come avviene in altre professioni: ergo, nel calcio, se fai il compitino ti aumentano lo stipendio, viceversa, anche se combini disastri immondi, al di sotto del lauto paracadute dello standard contrattuale non vai. Non fa niente che nel frattempo la tua squadra va in B. Questo è un dettaglio, soprattutto per giocatori in prestito e che, comunque andrà, il 30 giugno torneranno alla base, pronti per un'altra missione, magari presso gli stessi fessi che inspiegabilmente, in stile cornuti e contenti, li rivorranno indietro. In parte sono d'accordo con la communis opinio che si perde tutti insieme: in effetti, fosse entrato quel tiro di Garics (che, dopo l'exploit di Cagliari, è tornato in sé), a quest'ora ci staremmo rammaricando ‘’solo’’ di una vittoria svanita, portando però a casa il punticino, quello che in fondo volevano entrambe le squadre. Invece sappiamo com'è andata: il pomeriggio del ritorno di Marco Di Vaio in città è stato offuscato dalla ‘’prodezza’’ di Marko Livaja e, ancor prima, di Davide Brivio, al suo primo centro in Serie A. E dire che eravamo stati fortunati quando alla vigilia, in casa Atalanta, era arrivata la doccia fredda della squalifica di Denis: ma poco male, il Bologna è abituato a far accendere i riflettori sulle cosiddette seconde linee, basti pensare a quel Bologna-Napoli in cui mancava un certo Cavani e andò in gol Mascara, non senza la complicità dell'allora portiere Viviano. Se adesso tutti si riempiono la bocca con il nome del rimpianto Pegolo, io la penso diversamente: stimo tantissimo il portiere del Sassuolo ma la soluzione l'avevamo in casa. Sto parlando ovviamente di Dejan Stojanovic: così come il Genoa in estate ha avuto il coraggio di affidare la propria porta al classe 1992 Mattia Perin, Pioli mesi fa avrebbe potuto prendere una decisione simile. La personalità al portierino austriaco non manca, avendo dimostrato di aver superato brillantemente l'inizio shock della sua carriera in Serie A. Stojanovic è ancora dei nostri ma qualche riga fa ho parlato al passato poiché il rischio di buttarlo ora nella mischia è di dargli la responsabilità di salvatore della patria, un peso grande per chiunque, anagrafe a parte. In questo però mi fido molto dei sostenitori del Bologna: su cosa sia più tollerabile tra veder sbagliare un portiere giovane e di nostra proprietà e uno che ha le caratteristiche antitetiche non ci piove. Dunque, se il fanciullo ha recuperato dall'infortunio e se Pioli, come dice (chiedere al redivivo Rolando Bianchi), non ha gerarchie fisse e guarda al rendimento in campo, a breve dovremmo assistere al cambio della guardia tra i pali. Intanto, con immenso dolore di tutti i protagonisti qui citati, tifosi in primis, è arrivata la sosta di campionato che, come sempre, capita quando il Bologna perde, regalando all'ambiente rossoblù due settimane di ansia, paura e delusione. Saranno giorni in cui il pomeriggio di Bergamo e le sue ‘’perle’’ torneranno spesso a galla nella memoria. Se, mitologicamente parlando, la Dea Atalanta è famosa per esser caduta nel tranello delle mele d'oro, stavolta la fregatura l'abbiamo presa noi, perdendo una partita chiave, l'ultima del mini campionato degli scontri diretti, e sapendo che da qui a Natale il calendario diventerà un nemico. Un altro. Se di solito si dice che la Dea sia bendata, stavolta, purtroppo, le bende le ha qualcun altro. La stagione scorsa sui cagionevoli muscoli delle gambe. Quest'anno sugli occhi.