editoriale

Comproprietà nel calcio: occasione o fregatura?

L’Italia è bella anche perchè è un Paese originale i cui abitanti si inventano sempre qualcosa di nuovo e ovviamente il mondo del calcio non poteva essere esentato da tale regola. Ecco allora che ci si è inventati...

Redazione TuttoBolognaWeb

L'Italia è bella anche perchè è un Paese originale i cui abitanti si inventano sempre qualcosa di nuovo e ovviamente il mondo del calcio non poteva essere esentato da tale regola. Ecco allora che ci si è inventati la soluzione delle comproprietà per consentire a due squadre di essere contemporaneamente proprietarie di uno stesso calciatore. Questa possibilità esiste solo tra club del mercato italiano e ancora non è chiaro se sia definibile come un'occasione o una fregatura, ma tutti gli anni ci si ritrova a metà giugno a consultare un elenco di giocatori più o meno noti cercando di capire se valga o meno la pena riscattarli interamente. A questo punto si può trovare un accordo consensuale tra le squadre oppure si può andare alle famigerate buste secondo una prassi che ricorda tanto un'asta del fantacalcio. Se il calciatore ha valore per entrambe le contendenti, allora si gioca d'astuzia cercando di aggiudicarsi il cartellino grazie all'offerta migliore a meno di casi clamorosi come quello relativo alla risoluzione del caso Viviano nel 2011. Qualora invece nessuna delle due proprietarie fosse interessata all'atleta, ecco che ci si potrebbe ritrovare comunque ad affidarsi alle buste per poi scoprire di non aver offerto nulla: anche in questo caso a Bologna si può ricordare il riscatto di Salvatore Lanna dalla Reggiana nel 2008. Se da una parte però la pratica della compartecipazione consente di ridurre i rischi di investimento su un giocatore smezzandoli con un altro club (vedi l'arrivo di Boateng in Italia ad opera di Genoa e Milan), dall'altra vincola anche le società ad accordi che a volte si prolungano stancamente per anni come nel caso di Rene Krhin che si appresta ad iniziare la sua quarta stagione a metà tra Inter e Bologna. La parte peggiore della vicenda arriva però analizzando non tanto l'aspetto tecnico quanto quello economico finanziario visto che spesso le comproprietà sono diventate vincoli pesantissimi che portano a trasformare i calciatori in mere voci di bilancio. Pensiamo ad esempio al caso di Federico Rodriguez, attaccante mai utilizzato in Serie A, di cui Bologna e Genoa si sono divise il cartellino nel 2011 valutandolo ben 5 milioni di euro in seguito alla supervalutazione errata fatta l'anno precedente per Riccardo Meggiorini al fine di evitare una grave minusvalenza. Il caso più eclatante riguarda però lo scambio fatto tra Taider e Sorensen con la Juventus nell'inverno del 2012 e che, se l'operazione dovesse concretizzarsi, potrebbe ripetersi oggi con l'Inter grazie ai cartellini di Capello e Olsen. Parliamo in entrambi i casi di due giocatori cresciuti nelle giovanili o acquistati a poco prezzo che per il bilancio del club d'origine inizialmente non valgono nulla, ma che in seguito allo scambio vengono valutati ben 5 milioni di euro diventando non denaro fresco ma importantissime plusvalenze che consentono di tappare eventuali buchi prima della chiusura del bilancio annuale. Se tale operazione è non solo lecita ma anche intelligente dal punto di vista economico, il problema può sorgere analizzandola dal punto di vista del calciatore che si ritrova in giovane età già gravato di una valutazione economica elevata e che quindi potrebbe faticare in futuro a trovare un ingaggio nel caso in cui le doti messe in mostra all'inizio non venissero confermate nel proseguimento della carriera. Anche in quest'ottica sono da leggere allora le dichiarazioni del presidente AIC Damiano Tommasi che circa sei mesi fa ha denunciato l'abuso della pratica delle comproprietà e la necessità di riportare la questione ad un'ottica prettamente sportiva.