editoriale

Briscola, tresette e bella a sbarazzino

I giochi di carte vengono sovente banalizzati come ludici passatempi da spiaggia o da bar quando non riservati a vecchietti rimbambiti, signore di mezza età frustrate o ragazzini annoiati. Nascondono invece “essenze”...

Redazione TuttoBolognaWeb

I giochi di carte vengono sovente banalizzati come ludici passatempi da spiaggia o da bar quando non riservati a vecchietti rimbambiti, signore di mezza età frustrate o ragazzini annoiati. Nascondono invece “essenze” straordinarie che rappresentano figurativamente situazioni della vita, dei sentimenti e ovviamente quindi anche del calcio.A briscola si fa caciara: si chiamano carte, si dichiarano presunte potenze, si pensa, si conta per arrivare poi a giocare venti, banali, sfide in uno contro uno. C’è tanto calciomercato, tante conferenze stampa pre-partita e noi, da queste parti, soprattutto negli ultimi tempi ci sentiamo molto in un tavolo simile. Quando poi si passa a quell’eccelsa variante a cinque, detta “Giaguaro” la bugia si sublima con analogie inquietanti: “Non venderemo Ramirez, poi Taider, Diamanti” o magari “Bianchi è l’erede di Gilardino” fino a “I conti sono a posto” piuttosto che “Il nuovo Centro Tecnico sarà un patrimonio della società”. I patrimoni, nel calcio, sono solitamente giocatore di valore e un debito trentennale diventa difficilmente catalogabile in tale categoria benemerita.Poi c’è il principe dei giochi di carte! C’è lo “scintillio del tresette”, lo shining tra pochi eletti. Quello che, a torto, viene sovente banalizzato come un semplice gioco, ma che se praticato da professionisti, riassume l’essenza dell’intesa muta, senza segnali, solamente alimentata da un imperscrutabile linguaggio d’intenzioni, in un continuo susseguirsi di cause-effetto che, per chi sa davvero giocare, racconta parole mai dette e trova un senso a ogni gesto. Ma nel paragone qua andiamo malino: mai un passaggio no-look, mai una spizzata che trovi un inserimento al buio, mai una genialata che gli altri non colgano. Fino a battere “da bestia” perfino i falli laterali, a procurarsi uno stiramento mentre si esulta o a scegliere implicitamente il rigorista sbagliato.Il ciapanò o traversino lo ritrovo molto bene, invece, nei bassifondi di questo pessimo Campionato di Serie A. Un controsenso agonistico-sportivo che è una gara a non vincere, a non segnare, non fare punti e sprecare occasioni. Peccato che qualcuno non abbia spiegato alle cinque candidate alla retrocessione (e noi siamo tra le indagate per eccellenza) che qui non vale questa regola e senza un paio di colpi di coda ci si lascia le penne. Forse domenica l’hanno spiegato a Sassuolo e Livorno!Oppure penso alla bestia, la classica routine familiare durante, magari, le feste comandate. Il gioco dei disperati! Di quelli che si attaccano a “dottore” “professore” o anche “infermiere basta-che-siano-rimaste-altre-tre-carte” o di coloro che preservano le briscole che possono prendere come in una teca antisfondamento. Mettere Paponi a dieci minuti dalla fine di una partita decisiva è come, ultimo di mano quando ti hanno mangiato quelle che potevano prendere, attaccarsi allo strozzo con un quattro di spade (hai visto strisciare il due e già pensi ad un miracolo). Ma lo strozzo del disperato non funziona quasi mai.Infine rimane lo sbarazzo. Che è raffinato per memoria e strategia ma che consente, quando queste ultime sono finite alle ortiche, di sognare ciò che va oltre la disperazione: la bazziga dei 7 punti! Ma davvero, quella, è qualcosa di sospeso tra sogno e utopia.A dieci giornate dalla fine con la prospettiva di quei “match ball” casalinghi con Cagliari e Atalanta, dello scontro diretto a Verona-Chievo, delle trasferte proibitive a Juve, Inter e Lazio, un paio di ostiche come Parma, Genoa e Fiore, per tacere di un possibile vita-o-morte alla penultima col Catania…beh forse preferirei giocarmela a rubamazzo!Mescola che alzo, va là…e dai quelle carte!