lo spunto

Quella crescita che non c’è

Giocatori prima titolari e poi ultimi delle riserve e viceversa, elementi con i soliti difetti e nazionali che rimangono nel limbo: da salvare, appunto, quasi solo la salvezza

Manuel Minguzzi

Negli ultimi due anni di Serie A, da salvare c'è solamente la salvezza ottenuta. A livello di risultati, l'obiettivo fissato dalla società. Poco ambizioso? Poco attraente? Vero, ma se diventate il presidente di una squadra con quasi 40 milioni di debiti, a rischio fallimento, salvata in extremis, da rifondare in ogni angolo: non pensate sia lecito andare per gradi? Quando si ristruttura una casa non basta uno schiocco di dita, la magia nella realtà non funziona. Dopo anni duri, per il primo triennio si è cercato di tenere il Bologna in massima serie senza patemi. Poi certo, alcune cose potevano essere fatte meglio, per carità, ma sul comparto tecnico - se effettivamente il Bologna è debole - il Pres si sarà fidato di chi di calcio è considerato un esperto.

Obiettivi di classifica, dicevamo, raggiunti, ma come? Poco divertimento, annate stagnanti, mai un sussulto, 43 sconfitte dal ritorno in A, 35 con Donadoni in 77 partite. Insomma, al Dall'Ara divertimento zero. Cosa resta, allora, ad una proprietà se non la crescita tecnica dei suoi investimenti? Tralasciando il capitolo Destro (servirebbero 10mila battute), di tutti i giovani transitati da qui chi è effettivamente cresciuto? In sintesi: è stato valorizzato l'investimento societario? In linea di massima no. Onestamente, nonostante le tante sconfitte, Delio Rossi appare davvero l'unico ad averci provato. L'ex tecnico non ha esitato a buttarli dentro tutti, partendo da Diawara, passando per Ferrari, Donsah, Masina e volendo anche Falco. Con Donadoni le cose sono andate diversamente, spazio agli esperti, anche nei finali di campionato dove si poteva sperimentare di più. Il risultato è che due anni dopo siamo ancora punto e a capo. Masina propone ogni tanto gli stessi errori, eppure nel mondo calcistico è considerato un giocatore dal sicuro avvenire, Donsah e Mbaye, con gli impieghi a singhiozzo, faticano a decollare, Nagy e Krejci sono passati da titolarissimi ad ultime ruote del carro e gli stessi Verdi e Di Francesco nell'anno della consacrazione non sono ancora del tutto esplosi. L'unica vera nota lieta è Pulgar, rimpianto sabato perché squalificato. Ci sarebbe anche Crisetig, che due ex suoi allenatori hanno definito buon giocatore ma che qui pare essere criptonite da maneggiare con cura. E allora viene da chiedersi perché in altre piazze i Spinazzola, Gagliardini, Petagna, Pellegri, Skriniar, Barella sbocciano mentre solo qui il processo è oltremodo rallentato. Possibile che i nostri talenti, riconosciuti, non decollino o vengano messi sul mercato? Donsah e Mbaye, a un passo dall'essere ceduti, Masina idem, Nagy e Krejci non solo non migliorati ma addirittura peggiorati. Ovvio, alcuni di questi magari saranno stati sopravvalutati, ma proprio tutti? Siamo nel campo in cui bisogna per forza affermare che Saputo ha speso e lavorato male mentre lo staff tecnico ha fatto il massimo, oppure ci sarebbe almeno una via di mezzo? Non c'è il rischio che così si tenda a sopravvalutare il raggiungimento della salvezza a discapito della crescita? Che senso ha, per Saputo che aveva investito sui giovani, salvarsi con gli esperti quando magari era possibile farlo anche con qualche giovane mantenendo stantia la crescita globale? Tante domande, vero, ma appare chiaro come tutto sia bloccato, forse nel sacro nome dei punti in classifica. Ma c'è da chiedersi: se qualche giovane avesse giocato di più negli ultimi due anni il Bologna avrebbe davvero rischiato di retrocedere? Forse no. Evidentemente, e va inserito anche il sottoscritto, quella cavalcata trionfale di Donadoni al momento del suo arrivo ha portato tanti fuori strada. Pensavamo di aver trovato la chiave di volta a discapito di tutti coloro definiti 'maigoduti', ma dopo due partenze di campionato simili è chiaro che qualcosa non va e forse ci eravamo sbagliati. E se ora si muove anche la Curva significa che un ragionamento razionale a tutto tondo, e non solo dettato da posizioni preconcette, va fatto.