lo spunto

Non è finita, ora costruire un nuovo percorso (e sabato si giocherà sulla psicologia)

La vittoria di domenica il primo passo di una lunga marcia, da Verona potrebbe iniziare un nuovo campionato per il Bologna.

Manuel Minguzzi

Non abbiamo vinto una finale playoff, una partita da tutto o niente. Il nostro campionato non è finito al novantesimo di Bologna-Atalanta. Vittoria fondamentale, tre punti che riavvicinano i rossoblù alla salvezza, ma il nostro percorso inizia adesso e va costruito passo-passo con l'atteggiamento che ha contraddistinto i rossoblù nella ripresa di domenica. 'Non abbiamo ancora fatto nulla' si dice in questi casi. Siamo terzultimi e la risalita è lunga, il lavoro da fare tanto. Sottolineo questo aspetto perché non vorrei che si staccasse immediatamente la spina dopo un convincente, nel secondo tempo, tre a zero. E' arrivato il momento di raggiungere la tanto famosa continuità di rendimento, quella progressione di risultati che deve consentire al Bologna di raggiungere non solo il Frosinone ma tutto il gruppone che staziona tra i 12 e i 10 punti. Non si può, dopo solo un quarto di campionato, considerare salve le squadre nella seconda metà della classifica. Ecco perché da oggi bisognerà preparare al meglio e con la massima concentrazione la trasferta di Verona, un'altra partita della vita ma che rappresenta un tassello all'interno di altri 38.

Il Bologna è chiamato a confermarsi, a non lasciare isolata la vittoria contro l'Atalanta come fu quella contro il Frosinone, Donadoni, dopo aver vinto sul solco creato da Rossi, dovrà invece rendere sempre più nitida la propria mano sulla tattica e sulla mentalità della squadra. Perché il Bologna ha cambiato marcia nella ripresa, quando l'allenatore ha apportato alcuni correttivi tattici evidenti e che prima non si erano visti: Rossettini terzino, Brienza più arretrato. Ecco, il tre a zero non deve mascherare alcune lacune persistenti, bravo in ogni caso il neo mister a limitarle e neutralizzarle nel momento in cui l'Atalanta non le ha sfruttate.

Si capisce dunque banalmente come i problemi non siano del tutto risolti, di certo si può lavorare con più serenità per eliminarli nel futuro ma il nostro compito non è terminato domenica alle 17. Un conto però è sbattersi in allenamento senza ottenere risultati, un altro veder ripagato il proprio lavoro la domenica con tre punti incassati meritatamente. L'aspetto mentale conta, Donadoni lo ha capito. Su Destro, ad esempio, più che sulla tattica Donadoni ha agito sulla psicologia, spronandolo ad essere più convinto, più cattivo, anche a costo di minor sacrificio a supporto della squadra. 'Puoi farmi due corse in meno, ma quando vai sii deciso'. Il risultato? Non solo Destro ha segnato ma si è pure sbattuto di più, ritornando addirittura a centrocampo per far salire la squadra e aprire il gioco. I miracoli della mente e delle corde giuste toccate.

Chiudo su Mandorlini. Domenica dopo il pareggio contro il Carpi gli hanno chiesto se firmerebbe per il quartultimo posto, lui ha risposto di sì. Donadoni, soli tre giorni prima, aveva affermato il contrario. Ovvio, quando si finisce ultimi tutti firmerebbero per la salvezza striminzita, ma tale pensiero deve restare intimo, perché in questi casi i segnali di fiducia che occorre dare alla truppa devono essere talvolta pubblici ed evidenti. Far capire ai ragazzi che si crede nelle loro capacità, non considerandoli solo adatti a raggiungere uno stentato quartultimo posto. Sarebbe come lasciarli con la mente all'inferno, non far vedere loro uno spiraglio di uscita dal tunnel raggiungibile con la costanza del lavoro, con la determinazione e con le giuste motivazioni. I giocatori devono percepire il fatto che lavorando fidandosi del mister possono risollevarsi davvero, e non solo nei confronti dei ciociari. Dare un appiglio diventa uno stimolo importante per continuare la risalita, fornire un limite entro il quale - in teoria - non si può andare, una mentalità che rischia di diventare perdente. Anche su questo si giocherà la partita di sabato.