lo spunto

Caro Paolo, la prossima volta mettiti la giacca

Ha destato scalpore l’allontanamento di Di Canio da Sky per un tatuaggio, ma non si può sempre soprassedere a tutto.

Manuel Minguzzi

Ipocrisia! Questo è il commento più comune dopo la cacciata di Paolo Di Canio da Sky. Trattasi di perbenismo. La tv satellitare per tanti ha sbagliato, la decisione di togliere dal palinsesto Di Canio dopo quella foto con quel tatuaggio galeotto è stata vista come una tardiva presa di coscienza del personaggio con cui si è stretto un rapporto di lavoro. “Mica se lo è fatto ieri quel tatuaggio”, si dice. Vero, ma Sky non ha sbagliato a cacciarlo come non ha sbagliato ad assumerlo, l’errore sta nella mancata protezione di un suo dipendente. Bastava non fare quella foto, bloccarla in qualche modo, evitare che Di Canio la facesse con il tatuaggio in bella vista. In sintesi, bastava dire: “Caro Paolo, sei bravissimo, ma quel tatuaggio lo copri”.

Lì risiede il cruccio, si annidano le contraddizioni, è quello il punto di non ritorno, perché una volta uscita la foto la decisione di chiudere il rapporto diventa inevitabile. A parte il reato di apologia, previsto dalla legge, è il sentore comune a rimanerne comunque colpito, perché quel pezzo di storia italiana non può lasciare insensibile chi ha perso una persona cara o rinnega una brutale epoca storica. Basta una scritta, visibile, a rievocare tristi ricordi. La domanda è lecita: la scritta, il tatuaggio, c’è sempre stato, cosa cambia? Cambia il fatto che un simbolo esposto toglie di nuovo la coperta su un periodo storico, lo rievoca, lo riporta all’attualità dopo che per tanto tempo la professionalità di Di Canio lo aveva celato, fatto passare in secondo piano. In fin dei conti, prima di oggi, la maggioranza di noi si era dimenticata di quel saluto romano, semplicemente perché da professionista della tv Paolo convinceva e ci piaceva. Se da calciatore veniva considerato un fumantino fascista, ora veniva visto come un serio e appassionato analista di calcio. Ma quel tatuaggio, esposto, lo ha di colpo riportato nel passato.

E’ un peccato, perché la tv ci propone programmi profondamente diseducativi e forse peggiori di una scritta ‘dux’ su un corpo ricoperto di altri mille segni di inchiostro, è vero anche che l’Italia ha problemi decisamente più importanti rispetto alla cacciata di un ex calciatore dalla tv, ma non si può sempre soprassedere su tutto, non mandare messaggi chiari e indelebili, proprio come un corpo tatuato. Il messaggio è che il fascismo non può essere ‘pubblicizzato’ e che non è permesso a nessuno mostrare tatuaggi espliciti in pubblico. Si dirà, ‘ma quante volte DI Canio è stato fotografato da giocatore con quella scritta?’, vero, ma una foto rubata di un calciatore stremato a fine partita mentre si toglie la maglia è uno scatto, se vogliamo indiscreto, non concordato tra un dipendente e l’azienda che sta lo sta promuovendo attraverso i profili social. Il campo è un rettangolo verde in cui succede di tutto, calciatori si falciano, si offendono, a volte anche si sputano, in tv chiaramente non può accadere per motivi di educazione, anche se questi col tempo stanno lasciando spazio a programmi sempre più trash. Di Canio non è stato fotografato sudato mentre salutava i suoi tifosi sotto la curva, ma in un lancio in vista del suo nuovo programma. In sintesi, all’interno del rapporto tra azienda e dipendente. Paolo non ha formalmente sbagliato, lo ha fatto l’azienda esponendolo alla critica. Non prendere provvedimento, però, avrebbe forse aperto un precedente pericoloso per la tv e i media. Che si fa? Andiamo in tv con un tatuaggio di Mussolini in bella mostra? Evidentemente no…