editoriale

Purgatorio

Il passo falso di Frosinone deve restare tale, l'identità di squadra è tracciata e la caccia al colpevole è un esercizio poco utile per crescere, per uscire dal purgatorio. Sabato c'è la Fiorentina, avversario duro ma i rossoblù sono capaci...

Matteo Ragazzi

Capita.

Capita di giocare con personalità su un campo ostico, in trasferta, contro una squadra con l'acqua alla gola. Con un piede in Serie A e uno all'inferno.

Capita che per giocare tre volte in una settimana sei obbligato a ruotare gli uomini a tua dispozione perché alcuni sono visibilmente al limite, magari rischiando ma con dell'usta, come amiamo dire a Bologna.

Capita che qualcosa vada storto anche da un punto di vista arbitrale, con più cartellini gialli sventolati che idee, con un rigore enorme non concesso su calcio d'angolo.

Tante giustificazione, tanti particolari. Non sempre possono esserci un colpevole o una motivazione univoca e giusta per tutti e tutto. La verità è che possiamo parlare di un incidente di percorso, come ne accadranno altri da qui alla fine del campionato. Impensabile, infatti, collezionare solo vittorie, solo punti, solo gioie. D'altronde siamo questi: dannatamente meravigliosi e tremendamente stupidi. Capaci di battere il Napoli, scherzare con la Roma e umiliare la Lazio per un tempo, finendo per tirare una volta sola, con un difensore peraltro, in novanta minuti in casa del Frosinone. Perché possiamo recriminare, ma con un po' di autocritica. Il Bologna di mercoledì raramente si è reso pericoloso, con tutte le attenuanti del caso, con tutta la voglia e la dedizione ammirata. Ha difettato di istinto omicida. Un peccato, si lo è.

Allora succede di trovarsi ancora in un ascensore dantesco tra inferno e paradiso: a quattro punti dal Sassuolo settimo e quattro punti sopra al Palermo quindicesimo. Piccolo asterisco: la classifica ci ride, ci ama, ma è anche quella che compete alla rosa per i valori dimostrati in campo. Verosilmente chiuderemo la stagione tra la dodicesima e la settima posizione. Viviamo in quella terra di mezzo composta da imprese inaspettate e cadute inspiegabili, una linea sottile ma che si estende quasi fino all'infinito. I “what if” sono sempre dietro l'angolo, con uno in particolare: nessuno, né Donadoni né tantomeno Delio Rossi, ha potuto contare sulla rosa al completo. Mai. Un what if indicativo di quante sorprese ancora possiamo aspettarci. L'obiettivo deve essere quello di avvicinarsi il più possibile al paradiso, crescendo e maturando rispetto al girone di andata, conquistando più punti possibili ed effettuando altri passi falsi, perché solo in questo modo sarà possibile trovare la chiave giusta per aprire la serratura della porta davanti a noi. Continuando a credere fermamente nel progetto tecnico tracciato, e pazienza se qualche giovane commetterà errori decisivi: proprio da questi passa la bontà e la forza di un progetto che possa essere definito come tale. Pazienza quindi se Taider e Oikonomou hanno sbagliato contro una diretta concorrente, i due ragazzi del '92 in altre circostanze si sono dimostrati fondamentali e utili, pedine solide con ancora grandi margini di crescita in un contesto duro e competitivo come la Serie A.

Niente drammi quindi, giriamo pagina e svoltiamo. E' stata trovata un'identità ben precisa, frutto di mille batoste e successi, questo è ciò che conta: finchè la squadra scenderà in campo dando tutto e praticando la propria idea di calcio i piccoli incidenti di percoso verranno tollerati. Per fortuna sabato arriva la Fiorentina al Dall'Ara. Una fortuna secondo me, perché sarà una gara complicatissima in cui il livello di attenzione minimo dovrà aggirarsi sempre al 100%, una gara nella quale i rossoblù hanno dimostrato di trovarsi a proprio agio. Un grande avversario, una grande prestazione. Per tornare a sognare.

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