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Tutti i c.t. dell’Italia da Viani a Conte (ultima parte)

Ultima tappa nel viaggio nella storia della panchina azzurra, dalle beffe degli anni '60 fino alle affermazioni del 1982 e del 2006, giungendo ai giorni nostri.

Redazione TuttoBolognaWeb

I mondiali del 1950 in Brasile e del 1954 in Svizzera finiscono con cocenti eliminazioni al primo turno e le brutte sconfitte contro Svezia per 2-3 e Svizzera per 1-4.

Ai Giochi Olimpici, invece, l’edizione di Helsinki del 1952 vede gli azzurri battere gli U.S.A. nelle qualificazioni con un altro sonante 8-0, per poi essere eliminati dalla grande Ungheria di Sandor Kocsis e Ferenc Puskas con un secco 3-0. Ai giochi di Melbourne del 1956 la Nazionale non prese neanche parte, quasi un presagio della mancata qualificazione ai Mondiali svedesi del 1958, con la famosa “battaglia di Belfast” e la squadra italiana infarcita di “oriundi” battuta per 2-1 dalla più modesta Irlanda del Nord.

Per rivedere la figura del commissario tecnico bisogna aspettare il 1960, quando l’allenatore trevigiano Giuseppe “Gipo” Viani prese le redini della squadra azzurra per pochi mesi, lasciando poi l’incarico a Giovanni Ferrari fino al novembre del 1961, quando gli subentrarono Paolo Mazza e Giovanni Ferrari per il 1962.

Nel frattempo, ci sono i giochi olimpici di Roma del ’60 e l’Italia fa il suo dovere di squadra-anfitriona del torneo passando il girone eliminatorio centrando il primo posto (da segnalare il 3-1 sul Brasile), fermati dal lancio della monetina in semifinale (all’epoca non c’erano i calci di rigore per decidere le partite) e perdendo anche la finalina con l’Ungheria per 1-2.

Al primo campionato europeo della storia, svoltosi in Francia senza la partecipazione italiana, c’è l’affermazione dell’Unione Sovietica.

Qualificatasi per il mondiale cileno del 1962, la nostra nazionale viene eliminata dai padroni di casa e…dall’arbitro inglese Ken Aston, che permette ai sudamericani di menare le mani sui giocatori azzurri: finisce 2-0 per il Cile e a nulla serve la vittoria per 3-0 sulla Svizzera già eliminata.

Ad inaugurare un ciclo più lungo, ma non fortunato, fu Edmondo Fabbri, che iniziò nel novembre del ‘62 per finire ingloriosamente contro la Corea del Nord nel Mondiale inglese del 1966.

All’Olimpiade del 1964 a Tokyo l’Italia non partecipa in quanto viene denunciato lo status di professionismo di alcuni giocatori, mentre nell’Europeo di quello stesso anno, disputatosi nella Spagna del “Generalissimo” Franco, ci sono solo 4 squadre e su tutte prevale quella di casa nella finale contro i sovietici.

Invece contro la Corea del Nord, nella manifestazione iridata, si consuma quella che tutti, fino ad oggi, ricordano come la peggiore beffa mai subita dai nostri: la compagine asiatica viene definita “ridolini”, in quanto corrono senza avere un briciolo di tecnica ma, al 41’ del primo tempo, il caporal maggiore Pak Doo-Ik trafisse Enrico Albertosi con un diagonale preciso, scioccando tutta la manifestazione.

Al posto del ravennate (di Castel Bolognese) arrivarono l’argentino Helenio Herrera, “direttore d’orchestra” dell’Inter vincitutto di quegli anni ed il triestino Ferruccio Valcareggi, che assumerà la carica singola nel 1967, mantenendola fino al 1974, quando finì eliminato nel gruppo eliminatorio del Mondiale tedesco.

Con Valcareggi arrivò il primo (e per ora unico) alloro europeo, nell’edizione casalinga del 1968, quando eliminò grazie alla monetina (stavolta favorevole) l’Unione Sovietica (fu 0-0 dopo i supplementari) e battè nella ripetizione della finalissima la Jugoslavia per 2-0 (la prima era terminata 1-1).

Al mondiale messicano del 1970, invece, arrivò la finalissima (persa per 4-1) con il Brasile del grande Pelè dopo quella che fu definita la “madre di tutte le partite” contro la Germania Ovest nella semifinale allo stadio “Azteca”: un 4-3 che tutt’ora rieccheggia ogniqualvolta si ripresenti la sfida tra italici e teutonici.

Sopraggiunse Fulvio Bernardini, indimenticato a Bologna e Roma, che nel 1975 fu coadiuvato dal grande Enzo Bearzot, friulano doc e che prenderà il timone di comando da solo nel 1977, restituendolo nel 1986 dopo l’avventura messicana e il Mondiale vinto a Spagna ’82.

Dopodichè, dal 1986-1991 toccò ad Azeglio Vicini che chiuse terzo a Italia ’90, poi ad Arrigo Sacchi (’91-’96) e la famosa finale di Pasadena, successivamente arrivò Cesare Maldini con l’eliminazione ai rigori a Francia ‘98 ed il biennio di Dino Zoff (1998-2000) con la finale dell’Europeo persa al Golden Gol. A seguire il quadriennio di Giovanni Trapattoni (2000-2004, il Mondiale di Moreno e il biscotto tra Svezia e Danimarca), e le due “doppiette” di Marcello Lippi (2004-2006 e 2008-2010), la prima chiusa con il trionfo di Berlino, la seconda con l’eliminazione ai gironi per mano della Slovacchia. In mezzo l’esperienza dell’attuale tecnico rossoblù Roberto Donadoni (2006-2008) e la sconfitta ai rigori con la Spagna. Dopo il Mondiale Sudafricano arriva Prandelli (2010-2014) con una finale europea persa e l’eliminazione al primo turno in Brasile. Il resto è storia nota, c’è Conte, un biennio che si concluderà in Francia a luglio.