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L’ultimo saluto a Sinisa

Manuel Minguzzi

E la lotta di chi ce la fa è testimoniata da Matteo Elmi, che ha conosciuto Sinisa al Sant’Orsola, erano entrambi malati, e oggi era qui, a Roma, dopo cinque ore di pullman e una notte di viaggio perché ‘glielo dovevo’.

Matteo, che ora sta bene, ha tratto grande forza nel momento più duro, arrivato quando i medici gli hanno detto che le cure erano da continuare e, casualità della vita, proprio in quell’istante, le dottoresse gli hanno fatto conoscere Sinisa, il nuovo paziente del Sant’Orsola: “L’ho conosciuto in ospedale quando ho ricevuto la notizia dai medici che avrei dovuto continuare con le mie cure - le parole di Matteo a fine cerimonia - E’ stato un regalo per me, un incontro speciale. Mi ha dato tanta forza, per me è sempre stato un punto di riferimento e ho sempre pensato che ce l’avrebbe fatta”. Invece a farcela è stato Matteo, trainato dalla forza di Sinisa, dalle sue parole e, perché no, anche dai suoi regali: “Mi ha regalato una maglia del Bologna firmata - Matteo l’ha portata orgogliosamente al funerale - Sono tifoso del Bologna da sempre ma andavo allo stadio per lui. Ho preso il pullman all’una e quarantacinque, non potevo mancare. Ci ho messo cinque ore ma per me sono passati dieci minuti”. Già, il senso di riconoscenza che c’era tra Bologna e Sinisa non si dissolverà mai, lui che salva una squadra sull’orlo del baratro mentre la città tutta assieme prova a fare altrettanto con la sua malattia. Purtroppo il lieto fine da favola non c’è stato e l’affetto percepito oggi non vale come vissero tutti felici e contenti, ma quantomeno placa in parte il dolore per la scomparsa di un uomo ruvido ma estremamente leale. Fino al punto che aveva promesso a qualcuno della curva Andrea Costa di voler presenziare, in primavera, a una partita di campionato del Bologna dagli spalti più caldi, quelli che da sempre lo hanno accolto come il figliol prodigo. Non ha fatto in tempo, ma sappiamo tutti che ogni domenica ci sarà. Da qualche parte, ma ci sarà.