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Razzismo a corrente alternata

Una giornata a Diawara, nessuna sanzione ai tifosi del Genoa: è razzismo con due pesi e due misure

Manuel Minguzzi

Si è concluso con una giornata di squalifica ad Amadou Diawara il fattaccio di Genova. L'esultanza del ragazzo al 92', in risposta agli ululati dei tifosi di casa, si è trasformata in razzismo a corrente alternata. Diawara punito per aver imitato un gorilla, 'beccato' dall'addizionale di porta, mentre chi si è scagliato contro i calciatori di colore, mostrando ancora evidenti sintomi di ignoranza, potrà tranquillamente ripopolare Marassi come se nulla fosse. E dire che in passato - soprattutto nei media nazionali - c'è sempre stato massimo risalto sui casi che hanno coinvolto Boateng, Dani Alves e altri, stavolta invece tutto è passato in secondo piano, perché sembra faccia più scalpore l'esultanza di un ragazzo 18enne rispetto ai soliti buu dagli spalti, come se il colpevole fosse il calciatore e non chi manifesta ancora insofferenza verso chi ha la pelle di colore diverso.

Buffo come un arbitro addizionale sia stato così solerte nel carpire un'esultanza scomposta (certo, il ragazzo imparerà dal suo errore) ma non nel percepire il solito razzismo all'italiana dai gradoni di una curva. Bene con gli occhi, il signor La Penna, malissimo con le orecchie. Ancora più strambo il fatto che il Giudice Sportivo abbia cercato di mettere tutti d'accordo sanzionando Diawara con una giornata di squalifica, impedendo di fatto al Bologna di presentare ricorso e capire esattamente come siano andate le cose. Anche perché nel comunicato non è specificato il comportamento del giocatore, non ci sono immagini che testimonino con certezza l'accaduto mentre rimangono solo le versioni dei protagonisti. Diawara ha affermato di aver fatto il gorilla, Perin invece ha attaccato il ragazzo guineano parlando di 'esultanza indicandosi i genitali'. Per il Bologna, dunque, non c'è la possibilità di saperne di più.

Rimarrebbe solo l'addizionale La Penna, toccherebbe a lui chiarire la situazione e specificare i motivi della sanzione, ma il caso si chiuderà presto, nessuno ne parlerà più e tutto tornerà uguale a prima. Rimarrà dunque il razzismo a corrente alternata, quello che punisce il Bologna per qualche coro (non giustificabile se si tratta del Vesuvio) ma non gli ululati indirizzati ad un ragazzo di colore. Discriminazione territoriale sì, razzismo no. L'ignoranza c'è, ma se anche chi dovrebbe limitarla chiude gli occhi (e le orecchie), probabilmente il calcio non uscirà mai dal cortocircuito.

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