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Marcella Schiavio racconta Angiolino: “Papà era un uomo splendido”

L'intervista alla figlia della leggenda rossoblu Angelo Schiavio.

Redazione TuttoBolognaWeb

In occasione della festa del papà, ricorrenza che sarà celebrata domenica prossima, il Bologna ha intervistato Marcella Schiavio, figlia di Angelo, grande leggenda rossoblu.

Ecco le sue parole in ricordo del padre: "Papà era un uomo splendido ma come tutti i centravanti, aveva un carattere deciso. Tra le mura di casa era un uomo dolcissimo, sempre disponibile. Aveva anche delle manie, per esempio voleva che io e i miei fratelli fossimo sempre presentabili e ben vestiti, ma soprattutto puntuali, non si poteva sgarrare, se si mangiava all’una era vietato presentarsi all’una e cinque. Da bambina avevo un bel caratterino che ricordava molto quello di mia mamma, donna che papà ha amato tantissimo. Forse per questo di noi tre fratelli ero la sua “cocca” tanto che quando c’era da chiedergli qualcosa di un po’ spinoso, mandavano sempre avanti me. Del resto era chiaro a tutti che io e papà avessimo un’intesa speciale: voleva sempre che lo accompagnassi nei suoi giri, dalle visite in certosa sulla tomba di famiglia agli allenamenti del Bologna allo stadio che seguiva con interesse quando lavorava in Federazione".

Sul Dall'Ara: "Avevo sette o otto anni e mi piaceva entrare nello stadio vuoto, respirare il profumo dell’erba del campo. Ma la cosa che amavo di più era il rumore deciso che faceva il pallone quando veniva calciato. Queste giornate finivano sempre nella zona degli spogliatoi, che allora erano al primo piano, con i giocatori che insistevano per offrirmi un te, sebbene ogni volta rispondessi loro che non mi piaceva".

"Da bambina non mi rendevo conto di chi fosse il mio papà - continua Marcella Schiavio - tanto che quando andavamo allo stadio a vedere il Bologna che giocava in casa, io e i miei fratelli non capivamo come mai lui non la guardasse seduto accanto a noi ma prendesse posto in tribuna d’onore. Così come ci incuriosivano le situazioni in cui al ristorante qualcuno lo riconosceva e veniva al tavolo a chiedergli un autografo che lui non rifiutava mai. Papà non si atteggiava a personaggio e anche in negozio, se capitava qualche tifoso che chiedeva di incontrarlo, era semprepronto ad abbandonare quel che stava facendo per portarlo al bar e offrirgli un caffè. Solo con i giornalisti era più schivo, tanto che di lui spesso hanno scritto che aveva un carattere burbero, ma non è vero. Negli anni Settanta e Ottanta spesso la mattina prendevamo un caffè in centro, poi lo accompagnavo in ufficio e nel percorso passavamo davanti al bar Otello di via degli Orefici. Qui c’era sempre qualche avventore anziano che vedendolo passare lanciava l’allarme agli altri <<A i’è Anzléin!>> e allora uscivano tutti dal bar per incontrarlo e finivano per improvvisare delle tavole rotonde sull’andamento della squadra chiedendo la sua opinione sul campionato. Confesso che certe mattine, se eravamo un po’ di fretta o se voleva semplicemente fare due chiacchiere da solo con me, mi diceva <<Marcella oggi cambiamo strada>> ed evitavamo di passare davanti al bar. E’ stato proprio in quegli anni, in quelle passeggiate e in quei caffè presi tra i vicoli del quadrilatero che ho scoperto davvero chi fosse mio padre, trovando in lui un uomo sempre pronto ad ascoltarmi e consigliarmi. Come quando a vent’anni, sei mesi prima di sposarmi, gli espressi i miei dubbi sul matrimonio. <<E se poi non vado d’accordo con mio marito?>> <<Non succederà, cocca: tu hai un bel carattere. Ma ricordati che se non dovesse funzionare noi ci siamo, la tua famiglia è qui con te>>. Papà era anche molto generoso, seppure evitasse di mostrarlo apertamente. Ricordo che a casa si presentava spesso un padre missionario dal quale acquistava strani oggetti e cassapanche etniche e consegnava palloni e indumenti da portare in Africa per dei bambini che papà aveva praticamente adottato. Dopo l’alluvione nel Polesine, poi, le suore della mia scuola misero in piedi una raccolta di materiale per gli alluvionati, coperte, maglioni, cose così. Non ho mai saputo cosa gli abbia consegnato esattamente papà ma quello fu l’unico anno in cui venni promossa senza sforzi".