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Corioni, il suo ricordo resterà legato ai tifosi bolognesi e bresciani

La carriera sportiva dell'industriale Gino Corioni, che ha tanto ha dato alle piazze di Bologna e Brescia. di Amos Segal

Redazione TuttoBolognaWeb

Stamani è deceduto Gino Corioni, industriale lombardo il cui ricordo resterà indissolubilmente legato alle società calcistiche di Brescia e Bologna.

Nativo proprio della provincia bresciana (Castagneto, paesino che attualmente conta poco più di 8000 anime), Corioni fonda nel 1962 l’azienda Saniplast S.p.A., con il primo complesso a San Paolo, conoscendo poi una rapida espansione con l’apertura della base logistico-amministrativa ad Ospitaletto. Qui comincerà la sua avventura nello sport, diventando patron della locale squadra di calcio, che grazie a lui e all’allenatore Luigi Maifredi otterrà inizialmente buoni risultati nella vecchia C2 ed una promozione in C1, seguita però dall’immediata retrocessione.

Nel 1985, dopo aver sfiorato la presidenza del Milan, acquisisce quella del Bologna, con la quale inaugura un ciclo che porterà la società emiliana alla sua prima promozione in Serie A (1988) e poi alla qualificazione in Coppa UEFA nel 1990: l’Europa mancava al Bologna dal 1975, quando fu eliminato ai sedicesimi di finale nella Coppa delle Coppe.

Porterà alla ribalta rossoblù grandi giocatori come gli attaccanti Lorenzo Marronaro, bomber della promozione nella massima serie con 21 reti (record superato da Massimo Marazzina vent’anni dopo con 23) e Loris Pradella; i centrocampisti Fabio Poli (mattatore della stagione 1988-1989 con 10 reti e che fu fermato solo da un terribile infortunio), Giancarlo Marocchi, Paolo Stringara e lo scudettato (con il Torino di Graziani e Pulici) Eraldo Pecci.

A completare il “team vincente”, i difensori Marco De Marchi (giunto a Bologna dall’Ospitaletto come l’allenatore Luigi Maifredi), Renato Villa e Gianluca Luppi: tutte scommesse vincenti del presidente Corioni. A far loro compagnia campioni come Bruno Giordano, veterano delle aree di rigore, Antonio Cabrini (campione mondiale nel 1982),

A condire il tutto gli stranieri, che nel bene e nel male scrissero pagine importanti nella storia del club felsineo: il centrocampista finlandese Mika Aaltonen, fortissimo negli studi (è docente universitario) ma non brillante con il pallone, il collega di reparto Geovani (brasiliano), che viene ricordato solo per uno straordinario gol alla Fiorentina. I difensori Stephane Demol (belga) e Niki Iliev (bulgaro), la punta cilena Hugo Rubio, che fu al centro di una scelta “sbagliata” da parte della società: avendo a disposizione sia lui che il connazionale Ivan Zamorano, il secondo fu scartato e spedito prima in Svizzera e poi in Spagna dove si conquistò la fama di implacabile goleador, tornando poi in Italia, ma per indossare la casacca dell’Inter.

Da ultimi, il centravanti teutonico Herbert Waas con gli attaccanti Lajos Dètàri, magiaro dalla grande classe, ma con un pessimo carattere e Kubilay Turkilmaz, turco-svizzero dal grande fiuto del gol.

Dopo aver ceduto il Bologna a Piero Gnudi nel 1992, sostituisce Claudio Cremonesi alla presidenza del Brescia ed avvicinandosi così alla realtà calcistica della sua terra.

Con le “rondinelle” otterrà 4 promozioni in Serie A (1994, 1997, 2000 e 2010) una coppa Anglo-Italiana nel 1994 (sconfiggendo il Notts County per 1-0 in finale) e, come il Bologna di Gazzoni Frascara e Mazzone nel 1998-1999, farà fare alla società lombarda nell’annata 2001-2002 una splendida cavalcata europea, giungendo alla finale del Torneo Intertoto perdendola “senza sconfitta” contro il Paris Saint-Germain (0-0 a Parigi e 1-1 in casa), inoltre arriverà anche alle semifinali della Coppa Italia, traguardo anch’esso mai raggiunto prima dalla “leonessa” lombarda (sconfitta per 2-0 a Parma e vittoria per 2-1 a Brescia).

In questi anni di grande calcio passando campioni come Roberto Baggio, Gheorghe Hagi, il grande giocatore rumeno soprannominato “il Maradona dei Carpazi”, il “decano” dei portieri italiani Marco Ballotta, le giovani promesse (per fortuna mantenute) Luca Toni, Roberto Baronio e Andrea Pirlo, esperti attaccanti come Andrea Caracciolo, Dario Hubner e Florin Raducioiu, connazionale di Hagi. Da ultimi, anche Tal Banin, primo giocatore israeliano a venire in Italia, Josip Guardiola, che da allenatore ha aperto cicli leggendari con il Barcellona e lo slovacco Marek Hamsik, poi approdato a Napoli per diventarne giocatore-simbolo.

Sicuramente Corioni appartiene a quella classe dirigente calcistica che ha sempre fatto tutto il possibile per portare onore e gloria al proprio blasone, arricchendo così il calcio italiano non solo di trofei, ma anche di autentici campioni.

Una disciplina sportiva così popolare e così amata merita solo personaggi del genere, affinchè il suo fascino continui ad attrarre e crescere le future generazioni nel segno di valori come la correttezza e la lealtà.

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