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Bologna-Pescara, l’amarcord

di Amos Segal

Redazione TuttoBolognaWeb

Domenica 12 febbraio 1978 Bologna e Pescara pareggiarono 1-1 alla diciottesima giornata del Campionato di Serie A: al vantaggio rossoblù siglato da Stefano Chiodi (16') replicò Bruno Nobili (73') per biancazzurri abruzzesi.

Quel campionato, vinto dalla Juventus di Trapattoni (diciottesimo Scudetto), è da ricordare per la tragica scomparsa del grande Renato Curi, talentuoso centrocampista del Perugia, deceduto sul campo durante una partita contro la Juventus il 30 ottobre 1977. A causare il decesso una disfunzione cardiaca mai diagnosticata da nessun equipe medica e perciò ignota allo sfortunato giocatore.

Ma andando oltre i confini nazionali, quella fu anche la stagione del Mondiale, disputato in Argentina. A quell'epoca il paese sudamericano era governato da una giunta militare presieduta dal generale Jorge Rafael Videla, il quale aveva deposto la presidentessa Isabelita Peron, succeduta al celebre marito Juan Domingo Peron nella massima carica del paese.

Il golpe dei militari avvenne il 24 marzo 1976 e non fu sanguinoso come quello di Augusto Pinochet in Cile nel settembre del '73, lo fu invece il regime instaurato in seguito, basato su repressione, sequestri di persona e sparizioni su larga scala, con la famosa e terribile storia dei "desaparecidos", termine che indica cittadini fatti appunto scomparire dalle forze armate durante la dittatura e sulla cui sorte i responsabili hanno sempre cercato di edulcorare la verità, quando non addirittura di nasconderla.

A fronte del nuovo stato delle cose, Videla e i suoi collaboratori cercarono di guadagnare nuovi consensi sfruttando la passione del proprio popolo per il calcio, organizzando quindi il mondiale e creando l'E.A.M. 78 (Ente Autàrquico Mundial '78), che doveva organizzare i lavori e le attività legate alla massima competizione internazionale. A dire la verità, già sotto la Peron erano state fatte delle analisi e dei programmi, ma erano emerse inefficienze ed elevati costi economici.

Siccome l'organismo creato dalla dittatura godeva di ampi benefici, le spese furono volutamente o meno ignorate e la giustificazione per lo sperpero di denaro pubblico fu che era per "interesse nazionale". Anche i mass media erano sotto stretto controllo, in quanto dovevano offrire una visione del paese fatta di sicurezza e ordine: purtroppo tantissime persone non originarie di quella terra furono ingannate da quella colossale propaganda fatta di falsità e menzogne. Berti Vogts, capitano della nazionale tedesca, disse: "L'Argentina è un paese nel quale regna l'ordine. Io non ho visto nessun prigioniero politico".

Marco Tardelli, tanti anni dopo, dichiarò nel suo libro autobiografico "Tutto o niente": "In Argentina, i Mondiali dovevano immortalare l'immagine di un popolo felice e ordinato e di un'organizzazione efficiente. Insomma, erano uno spot per la dittatura militare di Jorge Rafael Videla. [...] Noi [calciatori, ndr] vivevamo in una bolla, in una gabbia dorata ben separata dalla realtà. [...] Poi, un giorno, mentre andavo all'allenamento, ho incrociato lo sguardo di un uomo con un bambino sulle spalle, forse erano padre e figlio: la folla intorno a loro si sbracciava per salutarci, per avere un autografo. Loro, invece, erano fermi, composti. Non ho mai dimenticato la tristezza di quegli occhi. È stata quella l'unica volta che in Argentina ho percepito il dolore della gente".

Nonostante il boicottaggio da parte di alcuni paesi (soprattutto Olanda e Svezia), il torneo prese il via con l'incontro tra la Germania Ovest campione in carica contro la Polonia (1° giugno 1978), terminato 0-0. I padroni di casa, nel cui girone era capitata anche l'Italia, esordirono il 2 giugno battendo 2-1 l'Ungheria, mentre gli azzurri di Bearzot sconfissero con il medesimo punteggio la Francia di un giovanissimo Michel Platini.

Tutti dovevano appoggiare incondizionatamente la squadra nazionale, anche quando perdeva e ciò accadde il 10 giugno, quando proprio gli azzurri sconfissero la "Seleccion" grazie ad un gol di Roberto Bettega in quello che era da sempre considerato una sorta di "derby" visti i numerosi calciatori argentini con origini italiane. Ma lo scandalo più grosso accadde nel secondo girone eliminatorio B, nel quale giocavano Brasile, Polonia, Perù ed i casalinghi "albiceleste": all'esordio i "carioca" dei futuri "italiani" Dirceu, Cerezo e Zico regolarono 3-1 i peruviani, mentre i padroni di casa superarono agevolmente (2-0) la Polonia arrivata terza quattro anni prima. Alla giornata seguente, la sfida tutta sudamericana finì 0-0, mentre i polacchi eliminarono definitivamente il Perù vincendo 1-0.

A questo punto, per accedere alla finalissima del torneo, i ragazzi guidati da Luis Cèsar Menotti dovevano vincere con almeno quattro gol di scarto per superare i brasiliani, che avevano battuto la Polonia con un altro 3-1. Il 21 giugno 1978 fu giocata una delle partite più controverse della storia calcistica internazionale, terminata con una sonora goleada (6-0) che riempì tutti gli appassionati di legittimi dubbi, visto l'atteggiamento via via arrendevole della nazionale peruviana di fronte agli avversari. Si vociferò di accordi segreti (aiuti economici) tra membri della dittatura argentina e dirigenti della nazionale andina, la quale schierava tra i pali un portiere argentino naturalizzato peruviano, Ramon Quiroga, oltre al fatto che entrambe le partite finali furono disputate con orari sfasati (prima quella del Brasile e poi l'altra dell'Argentina). Uno scandalo tutt'oggi rimasto pieno di ombre e mistero.

L'Italia era nel girone A con Olanda, Germania Ovest ed Austria: alla prima giornata (14 giugno 1978) gli "arancioni" vicecampioni del Mondo travolsero gli austriaci per 5-1, mentre gli azzurri pareggiarono 0-0 con i teutonici (dopo aver colpito diverse volte i legni ed un salvataggio sulla linea da parte di Vogts), alla seconda (18 giugno) le due finaliste della precedente edizione mondiale si affrontarono e la partita finì 2-2, mentre l'Italia batteva l'Austria per 1-0.

All'ultimo turno (21 giugno), quindi, si decisero le sorti della truppa guidata da Enzo Bearzot la quale, pur battuta 1-0 dagli olandesi, fu qualificata alla finale per il terzo e quarto posto grazie all'incredibile vittoria dei già eliminati austriaci sui "cugini" tedeschi per 3-2, in un match passato alla storia per la girandola di gol ed emozioni: al momentaneo vantaggio della Germania Ovest sopravvenne la rimonta dell'Austria, che replicò al pari con un gol a due minuti dal termine. L'incredibile e stupefacente vittoria entrò nella memoria sportiva con due termini: "Wunder von Córdoba” (miracolo di Còrdoba) per gli austriaci e “Schmach von Córdoba” (vergogna di Còrdoba) per i tedeschi.

Ma il disonore vero e proprio arrivò il 25 giugno, in occasione della finalissima tra i padroni di casa e gli olandesi: allo stadio “Monumental” di Buenos Aires andò in scena una delle finali mondiali forse più brutte della storia calcistica, caratterizzata da forte nervosismo in campo (falli pesanti e colpi proibiti), arbitraggio contestato ed un'atmosfera chiaramente ostile alla squadra dei Paesi Bassi, che stava comunque disputando un ottimo incontro, sfiorando più volte il gol anche dopo il pari. Ai supplementari gli argentini andarono a segno due volte, aggiudicandosi così il loro primo trofeo iridato e facendo esultare il loro popolo, che dipinse con la propria gioia il rettangolo di gioco, gli spalti e le città di bianco e azzurro, i colori della bandiera nazionale. In realtà, fu l'ultimo atto di un dramma atroce, che vedeva persone rapite e torturate nella segretezza più assoluta, con i loro sequestratori e carnefici che si fermavano solo quando giocava la nazionale. L'ultima agghiacciante nota su quel mondiale fu quella di alcuni giornalisti anziani tedeschi, i quali dichiararono pubblicamente che le celebrazioni e l'organizzazione ricordavano le Olimpiadi del 1936 nel loro paese, organizzate dalla dittatura nazional-socialista, la quale trascinò milioni di persone nel baratro del secondo conflitto mondiale. Anche il regime militare argentino portò i suoi cittadini in guerra, contro la Gran Bretagna: nel giugno del 1982, dopo tre mesi di furiosi combattimenti, i capi delle forze armate del paese latino-americano, abilissimi a sterminare persone inermi, chinarono il capo di fronte alle truppe britanniche; l'anno successivo tornerà, finalmente, la democrazia.

Per quanto riguarda, invece, l'Italia, arrivò quarta battuta 2-1 dal Brasile nella “finalina” del 24 giugno 1978 ma, al di là, del piazzamento, Bearzot stava iniziando a costruire un ciclo che avrebbe portato nella bacheca azzurra la terza Coppa del Mondo, prima del dopoguerra, quattro anni più tardi in Spagna.

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