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Bologna-Juventus, l’amarcord

di Amos Segal

Redazione TuttoBolognaWeb

Introduzione

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Alla fine, eccoci qua, all'ultimo atto di questa Serie A targata 2016-2017, con il Bologna che affronta la Juventus appena laureatasi Campione d'Italia e in attesa di disputare la finalissima di Champions League a Cardiff, capitale del Galles, il 3 giugno.

Dopo i tre gol subiti dal Milan a San Siro, la tifoseria di aspetta una prestazione da incorniciare, in una delle partite più sentite di sempre, con una rivalità rafforzatasi dopo i fatti di Calciopoli.

Ma al di là dei meri fatti giudiziari, non dobbiamo dimenticare i grandi campioni scesi in campo con entrambe le casacche: Schiavio, Orsi, Reguzzoni, Monti, Haller, Sivori, Bulgarelli, Charles, Della Valle, Boniperti, Baggio, Del Piero, Di Vaio, Trezeguet, Gilardino, Tevez e tanti altri ancora.

La Juventus ha raggiunto il prestigioso traguardo delle "tre stelle", il riconoscimento dato alle squadre che hanno vinto trenta e più campionati nazionali, ma anche il Bologna ha la sua storia gloriosa: ecco quindi che nel tardo pomeriggio di sabato 27 maggio vedremo un match sicuramente interessante ma, soprattutto, promettente spettacolo.

1929/1930

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Il 15 dicembre del 1929 ci fu il primo incontro ufficiale tra Bologna e Juventus nella massima serie nazionale e a prevalere furono bianconeri per 1-0 grazie al gol dell'ala Federico Munerati (68'), giocatore-simbolo con ben dieci anni di militanza (1923-1933).

Lo Scudetto di quella prima storica Serie A andò all'Inter, all'epoca ribattezzata Ambrosiana dal regime fascista per motivi politici, la quale giocò contro il Genoa (Genova 1893) un autentico spareggio il 15 giugno del '30, da ricordarsi per la tragedia sfiorata in occasione del delicato incontro: le tribune dello stadio milanese, denominato dal 1928 "Virgilio Fossati" in onore del giocatore-bandiera nerazzurra caduto in guerra (precedentemente si chiamava "Campo Goldoni"), erano stracolme di spettatori e, non bastante ciò, uno stormo di biplani iniziò a compiere spettacolari acrobazie, attirando l'attenzione generale ed esaltando gli animi dei presenti.

Ad un tratto, una delle tribune cedette, dando così via al panico totale ed al fuggi-fuggi sul campo, la situazione, surreale ed imprevedibile, fu così descritta sulle righe del quotidiano genovese "Il Secolo XIX": "Ieri poco dopo le ore 16, sul campo del’A.C. Ambrosiana in via goldoni è avvenuto un pauroso disastro che ha causato un centinaio di feriti, tra i quali numerosi genovesi. Alle ore 17 si doveva svolgere sul campo, come effettivamente si svolse, la partita di campionato tra Ambrosiana e Genova. Nell’attesa della partita si stava disputando sul campo una partita tra due squadre di riserve, quando si è verificato il pauroso sinistro. Una parte delle tribune popolari, quella di sinistra travolta dal peso enorme della folla ha ceduto trascinando nella sua rovina alcune centinaia di spettatori. La partita delle riserve non teneva molto avvinto l’interesse della folla la quale fù scossa, invece, dopo le 16, dal passaggio sul cielo di Milano delle prime squadriglie di aereoplani che si dirigevano a Cinisello e ne tornavano. Sembra sia stato appunto uno di questi passaggi a dare indiretto motivo alla sciagura, perchè per vedere meglio i velivoli gli spettatori che si trovavano scaglionati e pigiati su tutta la larghezza della gradinata si sarebbero ad un certo punto spinti verso la parte più alta della tribuna, facendo impeto contro il parapetto. Sotto il carico eccessivo della folla , un tratto della parte più alta della tribuna e precisamente una campata della gradinata di legno che stava tra il parapetto superiore schiantato e il muricciolo di cemento, rovinava sui suoi sostegni travolti e trascinava con sè altre due campate che le erano strettamente collegate. Parecchi spettatori caddero da un’ altezza di 4 metri. la maggior parte dei feriti e contusi si ebbe nel fuggi fuggi provocato dal timor panico che aveva invaso tutti. Segue

l’ elenco dei feriti tra cui una quarantina provenienti da Genova".

Si decise comunque di giocare, tenendo così fede al detto "the show must go on" (che purtroppo ricorrerà ancora nel corso della storia): "L’incontro nonostante tutto parte alle 17 e 20 con il Genoa che già al 4′ passa in vantaggio grazie ad un poderoso sinistro di Levratto imprendibile per Degani. Bodini al 15′ raddoppia il distacco a favore dei rossoblù ma al 22′ il solito Meazza accorcia battendo Bacigalupo. Le emozioni non sono certo finite perchè in tre minuti Levratto porta a 3 le marcature genovesi e Meazza a 2 quelle dei milanesi. Chiuso il primo tempo in vantaggio la ripresa vede un Meazza scatenato. Evidentemente l’Ambrosiana porta male ai portieri perchè Bacigalupo in uscita sull’ attaccante milanese rimane stordito e pur non riprendendosi completamente rimane in campo non avendo alternativa. Poco dopo al 55′ Meazza mettere a segno la sua tripletta che fissa il risultato in parità".

Sui tre gol del "balilla" Meazza circolò la voce che fossero stati il frutto di una promessa fatta ad un bambino rimasto contuso nella sciagura antecedente al match, alla fine i feriti saranno 167 in totale.

Il 3-3 finale lasciò inalterata la classifica e così i meneghini volarono verso il titolo nazionale, lasciando secondi i genovesi seguiti dalla Juventus.

Inter 1929/1930

Ma, in campo internazionale, il 1930 è un anno da ricordare perchè ebbe luogo un evento unico nel suo genere, destinato a cambiare per sempre la storia del calcio: del disputa del primo mondiale per nazionali maggiori. Si candidarono diversi paesi per organizzare la manifestazione, come Italia, Ungheria, Olanda, Spagna e Svezia per l'Europa, mentre in Sudamerica si presentò l'Uruguay, che fu scelto dal presidente della F.I.F.A. Jules Rimet in quanto ci sarebbe stata la ricorrenza del centenario della costituzione uruguaiana (18 luglio 1830). Parteciparono, oltre ai padroni di casa, anche Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Messico, Paraguay, Perù e Stati Uniti, mentre dal "vecchio continente" arrivarono Belgio, Francia, Jugoslavia e Romania.

Caratteristica fondamentale ed unica di quella competizione fu l'assenza di gare per le qualificazioni, tutte le nazionali si recarono su invito ufficiale delle autorità locali, che promisero di rimborsare i partecipanti. Vi furono non poche defezioni da parte dell'Europa, tra cui Austria, Ungheria, Cecoslovacchia e Svizzera, all'epoca considerate le migliori; anche l'Italia rifiutò di partecipare, senza mai chiarire veramente le proprie ragioni. Il 30 luglio 1930 ci fu l'ultimo atto della manifestazione con la "classica" tra Argentina e Uruguay. I giocatori di ambo le formazioni diedero il via ad una partita spettacolare, degna della loro fama: andati in vantaggio con Pablo Dorado (12'), gli uruguagi furono prima raggiunti da Carlos Peucelle (20') e poi superati da Guillermo Stabile (37'). Sospinti dal pubblico di casa, i calciatori in maglia celeste prima trovarono il pari con Josè Cea (57'), andando nuovamente in avanti con Victoriano Iriarte (68').

 Una immagine della finale tra Uruguay e Argentina

1946/1947

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L'8 dicembre 1946 Bologna e Juventus pareggiarono 0-0 all'undicesima giornata del Campionato di Serie A, il primo dalla fine della guerra. Ma non fu solo il ritorno della massima serie a segnare il ritorno del popolo italiano verso la pace e la ricostruzione, in quanto il 2 ed il 3 giugno di quell'anno era stata fatta una scelta di importanza epocale per la vita ed il futuro della nazione: per rispondere al referendum proposto per proseguire con il sistema monarchico oppure adottare quello repubblicano, il corpo elettorale si era recato in massa alle urne (l'89,08% degli aventi diritto), preferendo la seconda alternativa. Al voto, altro fatto storico, si recarono anche le donne: ciò fu dovuto al decreto firmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri Ivanoe Bonomi il 31 gennaio 1945, quando purtroppo l'Italia era ancora in guerra e divisa; con tale atto fu comunque riconosciuto finalmente il suffragio universale, dopo i falliti tentativi del 1881 e del 1907 e la sua validità proseguì oltre il conflitto.

La vittoria della repubblica non fu di largo scarto (12.718.641voti contro 10.718.502), ma bastò a garantire una svolta importante: la stragrande maggioranza dei partiti politici usciti dalla dittatura si schierò a favore del nuovo sistema alternativo, ad eccezione del Partito Liberale.

Purtroppo, però, vi furono anche numerose voci contro quella scelta: i sostenitori della monarchia parlarono a lungo (e tutt'oggi le polemiche non si sono ancora del tutto sopite) di possibili brogli che avrebbero rovinato l'esito. Queste le anomalie evidenziate: il mancato rientro dei prigionieri di guerra, alcune zone del paese (Trieste, Gorizia e Bolzano) non erano ancora tornate sotto la sovranità italiana e, da ultimo, il numero dei voti registrati era superiore a quello degli aventi diritto, ma tutto questo non portò ad alcuna conclusione certa ed i ricorsi presentati dai filo-monarchici furono respinti dalla Corte di Cassazione.

Il 10 giugno 1946, alle 18:00, nella Sala della Lupa a Montecitorio (Roma), la Corte di Cassazione proclamò il risultato del referendum e il giorno dopo, a Napoli, un gruppo di monarchici tentò di attaccare una sede del P.C.I. che aveva esposto un tricolore senza lo stemma sabaudo, ma una serie di raffiche sparate da un autoblindo della Polizia lasciarono a terra senza vita nove persone, mentre altre 150 rimanevano ferite.

In un vortice di rimpalli e decisioni, tra i l2 e il 13 i poteri furono trasferiti temporaneamente nella persona di Alcide De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri e Umberto di Savoia partì per protesta dall'Italia per andare in Portogallo, non senza lasciare uno strascico misto di polemica e protesta per l'esito finale (che non accettò mai ufficialmente) e lasciando la Patria nelle mani dei cittadini, ma non delle forze politiche. Sciolse inoltre dal giuramento di fedeltà militari e funzionari.

 Alcide De Gasperi

Il 28, infine, fu eletto Enrico De Nicola come Capo Provvisorio dello Stato, funzione che assumerà pienamente a partire dal 1° gennaio del 1948, con l'approvazione ufficiale e definitiva della Costituzione Italiana. Il 12 maggio gli succederà Luigi Einaudi nella carica di Presidente della Repubblica.

Se in tutto il paese c'era stata la volontà di cambiare pagina per scrivere nuovi capitoli della storia nazionale, non poteva non essere altrettanto anche per il calcio, con la ripartenza della Serie A, che vide tantissime novità, a cominciare dalla nascita del "derby della Lanterna" nel capoluogo ligure tra il Genoa e la neonata Sampdoria, che si andava ad aggiungere a quelli già esistenti di Milano, Torino e Roma. Altro fatto importante fu l'allargamento a 21 squadra, mai più ripetutosi, con il ripescaggio della Triestina per motivi di "patriottismo" in quanto contesa con la Jugoslavia.

A regalare spettacolo ed emozioni alle platee c'era la formidabile squadra granata di Valentino Mazzola, vincitrice del suo secondo Scudetto consecutivo con un attacco tra i più potenti di sempre, con 104 reti totalizzate. Il Bologna arrivò quinto mentre, a sorpresa, terzo classificato fu il Modena, al suo miglior piazzamento della storia.

1961/1962

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Il 29 ottobre del 1961 Bologna e Juventus pareggiarono per 2-2 all'undicesima giornata del Campionato di Serie A: al doppio vantaggio bianconero firmato da Omar Sivori (6') e Gianfranco Leoncini (23') rispose Marino Perani con una doppietta (47' e 58').

Se per il club emiliano quella fu un'annata positiva, conclusa con il quarto posto in classifica e la conquista della terza Mitropa Cup (Coppa dell'Europa Centrale), per quello piemontese fu parecchio opaca, con il dodicesimo piazzamento dovuto ad un finale di campionato disastroso, con un solo punto nelle dieci partite rimanenti.

Lo Scudetto andò al Milan (l'ottavo della storia), insieme alla palma di capocannoniere al favoloso Josè Altafini, in coabitazione con Aurelio Milani della Fiorentina. Ma, al di là dei meri risultati calcistici, l'annata 1961-62 resterà nella memoria di tutti per la nascita di una passione che riuscì, come nel più bello dei sogni patriottici, a riunire tutti gli italiani: la raccolta delle figurine dei calciatori ideata dai fratelli Panini di Modena (Benito, Giuseppe, Umberto e Franco).

Questo genere di passioni non era nuovo nella Penisola, nel 1934 la E.I.A.R. (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche, fondato dal regime fascista nel novembre del 1927) pubblicò la prima grande raccolta a livello nazionale, abbinata al programma “I Quattro Moschettieri”, trasmesso alla radio grazie alla ditta Buitoni-Perugina: ciò costituì anche il primo caso di “sponsorizzazione”.

Grazie a quest'iniziativa, la moda si diffuse a macchia d'olio e nel 1936 si aggiunse l'azienda dolciaria “Venturini Antonio Verona”, la quale inventerà nel 1953 l'album ove poter inserire le figurine grazie ad apposite linguette. Nel 1949 sarà il turno della Lavazza, mentre l'anno successivo avverrà l'autentica rivoluzione che farà aumentare l'amore di grandi e piccoli: la casa editrice Astra pubblica la raccolta “Animali di tutto il mondo”, che a differenza delle precedenti non è più legata al commercio o a programmi radiofonici, ma al puro divertimento nonché alla didattica. Va anche detto che fino a quel momento le figurine riguardavano tantissimi campi, dallo spettacolo alla storia, dalla geografia all'intrattenimento oltre, ovviamente, allo sport.

All'inizio del 1960, i fratelli Panini avevano fondato nella natia Modena l'”Agenzia Distribuzione Giornali” intitolata a loro nome e a Milano avevano trovato un lotto invenduto appartenente alle edizioni Nannina (anch'essa famosa nel panorama nazionale): ebbero la geniale intuizione di imbustarle a due per volta, con involucro colorato di bianco e rosso, vendendone poi 3 milioni complessivamente. La leggenda era ufficialmente partita.

La stagione successiva, la 1961-62 appunto, uscì l'album per la raccolta e le vendite toccarono quota 15 milioni di esemplari in tutto il paese, la passione era così sbocciata in tutto il suo splendore e le successive edizioni mostrarono un senso dello sviluppo e della creatività che portarono gloria ed onore all'azienda emiliana, la quale era un vanto per il “Made in Italy” e la cui avventura continua a ripetersi fino al giorno d'oggi, con albi dedicati ai settori più disparati, ma sempre con l'impegno e la passione che contraddistinguono lo spirito dei fratelli fondatori.

1989/1990

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Il 7 gennaio 1990 Bologna e Juventus si affrontarono alla diciottesima giornata del Campionato di Serie A, il quale sarebbe terminato ad aprile per consentire lo svolgimento del Mondiale organizzato nel “Belpaese”, il quale sarebbe partito l'8 giugno per terminare l'8 luglio. Finì in parità (1-1) con il provvisorio vantaggio rossoblù di Herbert Waas (28') e la sfortunata autorete di Ivano Bonetti (56') a chiudere il discorso. Per quanto concerne la Serie A, lo Scudetto fu vinto dal Napoli del grande Diego Armando Maradona, il quale era atteso da tutti gli appassionati sportivi come il protagonista dell'edizione iridata, che lo vedeva Campione del Mondo in carica grazie alle prodezze a Messico '86.

Anche per il Bologna fu una stagione positiva, grazie ad una serie di splendidi successi delle compagini italiane nelle competizioni europee: il Milan conquistò la Coppa dei Campioni il 23 maggio 1990 battendo per 1-0 i portoghesi del Benfica al “Prater” di Vienna, la Sampdoria fece sua la Coppa delle Coppe sconfiggendo per 2-0 i belgi dell'Anderlecht all'”Ullevi” di Göteborg e, da ultimo, la Juventus fece sua la Coppa UEFA nella doppia finale contro la Fiorentina (3-1 a Torino e 0-0 a Firenze). Il club emiliano ne beneficiò, assieme all'Atalanta, per la classifica avulsa (giunsero rispettivamente ottavi e settimi), ottenendo la qualificazione in Europa.

Il Mondiale, tornato in Italia dopo 56 anni (la prima volta risaliva al 1934), aveva tutti gli ingredienti per regalare alle platee spettacolo e giocate di gran classe: oltre all'Argentina del già citato fuoriclasse Maradona, c'erano anche l'Olanda di Marco Van Basten capocannoniere di quella stagione con 19 centri (insieme a Rijkaard e Gullitt erano chiamati i “tulipani rossoneri”) e la Germania Ovest degli “interisti” Klinsmann, Matthäus e Brehme. A ciò si devono anche aggiungere l'Unione Sovietica di Oleksandr Zavarov e Sergej Alejnikov (entrambi in forza alla Juventus), il Brasile dei “napoletani” Careca ed Alemão (accompagnati dal “viola” Dunga e dal “granata” Müller) e la Svezia dell'”atalantino” Glenn Peter Strömberg (idolo indiscusso della tifoseria bergamasca). Esordienti assolute erano l'Irlanda/Eire guidata da Jack Charlton (fratello del più celebre Bobby, stella del Manchester United), il Costa Rica del “giramondo” Bora Milutinovic e gli Emirati Arabi Uniti. Inoltre, quella sarebbe stata l'ultima edizione per l'U.R.S.S., la Cecoslovacchia e la Jugoslavia: il crollo del muro di Berlino avrebbe di fatto terminato definitivamente il sistema della “cortina di ferro”. Bologna ospitò le seguenti gare: Emirati Arabi-Colombia 0-2 (9 giugno 1990), Jugoslavia-Colombia 1-0 (14 giugno 1990) e Jugoslavia-Emirati Arabi 4-1 (19 giugno 1990), tutte del gruppo D delle eliminatorie. A seguire, Inghilterra-Belgio 1-0 (26 giugno 1990) degli ottavi di finale, poche gare per un pubblico da sempre tra i più affamati di grande calcio.

Il cammino degli azzurri guidati da Azeglio Vicini si fermò ai calci di rigore nella semifinale disputata contro l'Argentina a Napoli: al vantaggio siglato dal bomber Salvatore “Totò” Schillaci (17') replicò l'attaccante Claudio Caniggia (68'), complice una malaugurata uscita di Walter Zenga, che però stabilì il primato di imbattibilità per un portiere con ben 5 gare senza subire reti, escludendo ovviamente l'incontro del San Paolo.

La finale per il terzo e quarto posto contro l'Inghilterra (7 luglio 1990) fu disputata al “San Nicola” di Bari e vide la vittoria dell'Italia per 2-1, nonché la riappacificazione tra il calcio nostrano e quello albionico dopo i tragici fatti dell'Heysel, che avevano dato origine all'esilio dei club britannici dalle competizioni per 5 lunghi anni e che era terminato proprio con quel mondiale.

La finalissima, giocata all'”Olimpico” di Roma (8 luglio 1990), vide contrapposte Germania Ovest ed appunto Argentina; prima del calcio d'inizio fu onorata la cerimonia con l'esecuzione degli inni nazionali e, quasi un segno del destino, l'inno del paese sudamericano fu subissato da un oceano di fischi, urli ed ululati che provocò le ire di Maradona, il cui labiale fu chiarissimo a tutti.

Un discutibilissimo rigore a pochi minuti dal termine fu assegnato ai teutonici, del tiro si incaricò Andreas Brehme che non sbagliò, nonostante l'estremo difensore Sergio Goycochea avesse intuito la traiettoria.

Quando l'arbitro messicano Codesal Mèndez fischiò la fine dell'incontro, il popolo tedesco da poco riunitosi dopo la caduta del muro della capitale scese nelle strade e nelle piazze per festeggiare, mentre quello argentino ruggiva la propria indignazione per una direzione di gara ritenuta giustamente non all'altezza, con il pianto di Maradona a sancire un'immeritata sconfitta.

1997/1998

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Il 18 gennaio 1998 Bologna-Juventus terminò 1-3 in favore dei bianconeri alla sedicesima giornata, con la doppietta di Filippo Inzaghi (10' e 20'), la rete di Alex Del Piero (60') ed il gol della bandiera di Igor Kolyvanov (93').

Per il club piemontese quell'annata si concluse con il venticinquesimo Scudetto della sua storia (anche se con alcuni strascichi polemici circa gli arbitraggi) ed anche per quello emiliano fu una bella stagione con l'ottava posizione finale la quale, come nel 1990, comportò la qualificazione all'Eurozona, dando il diritto di disputare la Coppa Intertoto, la cui conquista consentiva di partecipare alla Coppa UEFA. Ma, al di là di tutto questo, questa Serie A è da ricordare per il Bologna poiché approdò sotto le Due Torri uno dei più grandi fuoriclasse italiani di sempre: Roberto Baggio. Lanciato dal Vicenza in serie C (dal 1982 al 1985), arrivò in A con la Fiorentina, che lo farà esordire il 21 settembre 1986 in una partita casalinga contro la Sampdoria, vinta per 2-0. Per il fantasista di Caldogno (cittadina del provincia vicentina) fu un periodo difficile, segnato da un terribile infortunio al ginocchio destro (colpiti legamento crociato anteriore e menisco) patito con i biancorossi veneti l'anno della promozione in B, che lo accompagnerà nel passaggio alla società toscana. Dopo esperienza nella Fiorentina e nella Juve e un biennio opaco al Milan, gestito da Fabio Capello (vincitore dello Scudetto 1995-1996) e nella stagione successiva dall'uruguaiano Oscar Tabàrez prima e da Arrigo Sacchi poi, non trova lo spazio adeguato e, complici vecchie ruggini con il tecnico di Fusignano, lascia la sponda rossonera del capoluogo lombardo per approdare quindi in quello emiliano, scatenando la passione di una piazza da sempre amante del grande calcio: l'effetto “Divin Codino” portò nelle casse della società milioni di lire con il boom storico di 25.000 abbonamenti, con lo Stadio “Dall'Ara” sempre pieno per ammirare il grande fuoriclasse eroe di una nazione.

Nonostante lo screzio con l'allenatore Renzo Ulivieri, che dividerà la tifoseria, alla fine segnerà la bellezza di 22 reti, miglior goleador italiano della stagione 1997-1998, guadagnandosi così con merito la convocazione per i mondiali francesi.

Tornerà nuovamente a Milano, però con la banda nerazzurra (1998-2000) e terminerà la sua carriera a Brescia (2000-2004), regalando giocate di gran classe assieme ad altri campioni come Ronaldo, Recoba, Toni e Pirlo. A fine carriera può vantare 205 reti in Serie A con 452 presenze, che ne fanno il settimo miglior marcatore della storia. In Nazionale è quarto con 27 segnature in 56 gare.

1998/1999

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Il 29 novembre 1998, all'undicesima giornata del Campionato di Serie A, il Bologna ottenne una delle sue vittorie più belle di sempre contro la Juventus: un secco 3-0 recante le firme di Michele Paramatti (3'), Giuseppe Signori (9') e Davide Fontolan (28'), al termine di una partita entusiasmante.

Quell'ultimo campionato del primo millennio regalò lo Scudetto al Milan, che in quell'anno festeggiava il proprio Centenario, mentre in campo europeo si arricchirono le bacheche della Lazio, vincitrice dell'ultima edizione della Coppa delle Coppe (2-1 sugli spagnoli del Maiorca) e del Parma, conquistatore della Coppa Uefa (3-0 ai francesi dell'Olympique di Marsiglia). Su quest'ultimo fatto vale la pena soffermarsi in quanto di mezzo c'è anche il Bologna: il 20 aprile 1999 i rossoblù felsinei giocavano la partita di ritorno della semifinale, pareggiata all'andata in terra transalpina 0-0) e, dopo essere passati in vantaggio grazie a Paramatti (17'), subirono il pareggio a cinque minuti dal termine regolamentare con un rigore trasformato da Blanc (battuto due volte!). Dopo il triplice fischio finale una rissa in campo farà da sfondo ad una delle più ingiuste e beffarde eliminazioni mai patite dal club emiliano nel corso della sua storia.

Ma, rimanendo in tema di beffe, non si può non menzionare la finale di Champions League, disputata a Barcellona il 26 maggio 1999 tra gli inglesi del Manchester United ed i tedeschi del Bayern Monaco. Nella città della Catalogna andò in scena l'ultimo atto della massima manifestazione per club europei. Al 5' Mario Basler indovinò la punizione perfetta, con un tiro che si infilò in rete come un siluro, senza toccare alcun giocatore e radendo letteralmente il prato, senza lasciare scampo al gigante Peter Schmeichel tra i pali.

Iniziò così un duello leale ma duro, con le squadre che non lesinavano gli sforzi ed i portieri chiamati talvolta ad interventi di grande classe, Scholl colpì il palo, Jancker la traversa, il pericolo nelle due aree era costante; d'altronde non dobbiamo dimenticare che al “Camp Nou” giocavano vere e proprie “stelle” del calcio come Andy Cole, David Beckham, Michael Tarnat, Ryan Giggs, Lothar Matthäus, Gary Neville, Markus Babbel, Teddy Sheringham e Oliver Kahn, oltre ai già citati Basler e Schmeichel.

Il Manchester, nonostante lo svantaggio, continuò a crescere e, al 91' trovò il pareggio grazie ad un tiro un po' svirgolato di Giggs da fuori area, finito però sui piedi di Sheringham, che a pochi passi insaccò senza problemi.

Solo 101 secondi dopo avvenne l'incredibile: su calcio d'angolo battuto da Beckham, la palla fu colpita di testa da Sheringham, per arrivare in regalo al norvegese Ole Gunnar Solskjær, che appostato da vero cecchino, non perdonò la distratta difesa avversaria. L'impresa era compiuta, suggellata dalla splendida capriola del portiere Schmeichel; il calcio aveva voluto regalare un'ultima, forte, emozione al millennio che stava per andarsene.

La leggenda vuole che lo storico “mister” dei “Red Devils”, Sir Alex Ferguson, abbia dichiarato negli spogliatoi durante l'intervallo tra le due frazioni di gioco: “Se perderete, passerete a venti centimetri da quella coppa senza poterla sfiorare. Molti di voi non avranno più l’occasione di passarci così vicino. Non azzardatevi a tornare qui, se non avete dato tutto lì fuori”.

2003/2004

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Il 12 dicembre 2004, alla quindicesima giornata, avvenne quello che fu considerato uno dei "furti" peggiori mai subiti dal Bologna, diventato giustamente una delle icone di Calciopoli. I rossoblù guidati da Carlo Mazzone sono reduci dalla sconfitta di Firenze con i viola per 1-0, mentre la Juventus ha battuto 2-1 la Lazio.

L'arbitro Tiziano Pieri da Lucca non è in giornata, al 6' quando Fabio Cannavaro, nel tentativo di fermare Giacomo Cipriani lanciato a rete, va in scivolata colpendo però Lilian Thuram: il fischietto genovese sanziona il fallo al bolognese, tra l'incredulità generale; il peggio deve ancora venire. Al 13' Colucci e Zagorakis vengono fermati fallosamente uno dopo l'altro, Pieri fatica a fischiare, mentre al 19' assegna un calcio d'angolo fasullo, facendo inferocire Gianluca Pagliuca, che chiaramente non le manda a dire.

I giocatori della Juventus picchiano i bolognesi in campo senza subire neanche un cartellino e, al 13' del secondo tempo, accade uno degli episodi più controversi: Jonathan Zebina, difensore della Juve, commette fallo su Cipriani in area; sarebbe rigore, ma Pieri fa proseguire. Al 19' stesso copione, con "Cippo-gol" (autore di bellissime giocate) che viene colpito da Thuram e si vede fischiare contro un fallo di mano che, chissà perchè, non ha visto nessuno.

Al 30', dopo aver perso palla a causa del pressing dell'attaccante rossoblù, Fabio Cannavaro reagisce scalciando: puro gesto anti-sportivo, che ciononostante Pieri non sanziona; per il direttore di gara genovese è una serata costellata di errori atroci.

Al 39', invece, arriva la "ciliegina sulla torta": viene fischiato un fallo a Ciro Capuano su Zlatan Ibrahimovic, mentre a norma di regolamento sarebbe il contrario.

Dopo le proteste dei rossoblù, batte la punizione dal limite Nedved e segna, consegnando così tre punti immeritati alla Juve, mentre Pieri si prenderà gli applausi ironici della tifoseria bolognese per un fallo in attacco fischiato proprio al fantasista ceco in pieno recupero. La società bianconera conquisterà poi il suo scudetto numero 28, il quale verrà revocato dalle sentenze di Calciopoli; con il senno di poi, possiamo affermare che Giustizia vera non fu mai fatta e molte persone coinvolte finirono con l'essere lasciate stare. Come disse giustamente Gennaro Gattuso, finì tutto "a tarallucci e vino"; ma la rabbia e la delusione per i danni ricevuti non verranno mai dimenticate.

Il Bologna, invece, dopo la vittoria di Udine (1-0 firmato da Igli Tare) alla ventisettesima giornata (6 marzo), non riuscirà più a trovare i tre punti, precipitando in un autentico vortice con 6 pareggi e 5 sconfitte, che porterà al fatalo doppio spareggio con il Parma per non retrocedere: la notte del 18 giugno 2005 rimarrà impressa a lungo come una delle più atroci mai vissute dalla tifoseria petroniana.

2006/2007

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Il 19 dicembre 2006 le due squadre si affrontano per la prima volta in serie B: la Juventus perché condannata dallo scandalo di Moggi, il Bologna a causa sia di una stagione "maledetta" sia per gli imbrogli che hanno avvelenato quello che era considerato fino ad alcuni anni prima il campionato più bello del mondo. Tra gli striscioni della Curva Nord Bologna contro Carraro, Matarrese ed il sistema corrotto, insieme all'iniziativa di entrare un quarto d'ora dopo il fischio d'inizio come segno di protesta e le urla di rabbia di un pubblico che non dimentica i torti subiti, le due squadre scendono in campo agli ordini dell'arbitro Domenico Messina.

Nota da ricordare è la commemorazione di Alessio Ferramosca e Riccardo Neri, due ragazzi delle giovanili bianconere deceduti in un incidente al campo d'allenamento.

Tutti vorrebbero un incontro pulito e corretto dopo tanto clamore, ma al 28' arriva la secca smentita: Gianluigi Buffon, uscendo su Massimo Marazzina lanciato a rete, lo prende per un piede facendolo cadere; sarebbe rigore sacrosanto, ma Messina fa finta di niente, per la rabbia di tutti, a cominciare da quella dell'attaccante lodigiano.

Nel secondo arriva la doccia fredda: al minuto  28 della ripresa arriva il gol/non gol dell'attaccante uruguaiano Zalayeta che controlla nettamente con il braccio e, concludendo, colpisce la parte interna della traversa, senza che il pallone oltrepassi la linea. Castellini allontana, ma l'arbitro convalida, scatenando le ire dei presenti e prendendo altre decisioni ai limiti dell'incredibile, come l'ammonizione a Bellucci.

Il Bologna prova a reagire prima con Mingazzini di testa, poi con una conclusione direttamente dalla bandiera di Marazzina che però non modificano il risultato. Resta l'astio per l'ennesimo torto subito, il quale dimostra che Calciopoli è stata una bolla di sapone e che il sistema è come il lupo: perde il pelo, ma non il vizio.

Alla fine, la Juventus tornerà in Serie A centrando il primo posto con 85 punti e sei di distacco sulla seconda classificata, il Napoli, che salirà assieme al Genoa (79 e 78 punti); non ci saranno i play-off in quanto sono dieci le misure di distanza tra i liguri promossi ed il Piacenza quarto. Per il Bologna, che vide in stagione l'altalenante cambio in panchina tra Renzo Ulivieri e Luca Cecconi, un altro deludente settimo posto, ma fortunatamente la stagione successiva si dimostrerà tutt'altra cosa.

2015/2016

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Il 19 febbraio 2016 Bologna e Juventus pareggiarono 0-0 alla ventiseiesima giornata, con i bianconeri fermati sulla "X" dopo quindici vittorie consecutive dai rossoblù sapientemente schierati dal mister Donadoni: non mancarono occasioni e colpi di genio da una parte e dall'altra, ma il muro eretto dai petroniani resse davanti agli assalti dell'armata juventina.

 Il Bologna al debutto a Roma contro la Lazio

Ma, al di là del quinto scudetto consecutivo conquistato dalla squadra di Allegri, l'annata va ricordata per l'Europeo disputato in Francia e recante cinque "prime volte": gli esordi di Galles, Albania, Slovacchia ed Islanda, insieme alla vittoria del Portogallo.

L'Italia era finita nel gruppo E, in compagnia della Svezia di Ibrahimovic, del Belgio e dell'Irlanda: dopo aver esordito il 13 giugno battendo i "diavoli rossi" (2-0, Giaccherini e Pellè), gli azzurri di Conte si ripeterono quattro giorno più tardi con i "vichinghi" (1-0, Eder), vendicando così lo "sgarbo" del 2004. La sconfitta con gli irlandesi del 22 (1-0) fu indolore, anche per la vittoria dei belgi sulla Svezia, che uscì definitivamente dalla competizione.

Gli ottavi di finale mostrarono i passaggi di Polonia ai rigori contro la Svizzera (1-1 dopo i supplementari), Galles (1-0 all'Irlanda del Nord), Francia (2-1 all'Irlanda), Germania (3-0 alla Slovacchia), Belgio (4-0 all'Ungheria). Vi fu la partita vittoriosa dell'Italia sulla Spagna il 27 giugno (2-0, Chiellini e Pellè), dopo ben 5 anni di digiuno con gli iberici, insieme all'incredibile eliminazione della Croazia per mano dei lusitani (1-0) dopo una gara dominata in lungo e in largo. Ma la nota finale e clamorosa fu rappresentata dall'Islanda, che eliminò sorprendentemente la più quotata Inghilterra (2-1), portando avanti il proprio sogno, quello di un popolo intero rimasto per tanti anni lontano dalla ribalta internazionale.

Ai quarti di finale si verificò per prima l'eliminazione della Polonia contro il Portogallo, questa volta la lotteria dei tiri dagli undici metri sorrise ai lusitani (1-1 dopo i supplementari) che proseguirono il loro cammino pur dopo due autentiche battaglie.

Dopodiché, i gallesi proseguirono la loro favola battendo 3-1 il favorito Belgio, mentre sfortunatamente terminava quella dell'Islanda, battuta dalla Francia (5-2) ma uscita tra gli applausi dell'intera platea, la quale aveva assistito in estasi ad un'avventura sulla quale nessuno avrebbe scommesso qualcosa all'inizio. Purtroppo l'Italia uscì con la Germania, in una delle "classiche" di sempre che aveva sempre visto prevalere gli azzurri in virtù di una specie di "sudditanza" dei teutonici: dopo il pareggio (1-1) si era andati ai rigori come già accaduto nel corso della competizione e dopo una lunga agonia ed alcuni tremendi errori da una parte e dall'altra, alla fine avevano esultato i tedeschi.

Nelle semifinali il Portogallo sconfisse il Galles (2-0), il quale uscì anch'esso tra gli applausi di tutti, mentre dall'altra parte la Francia eliminava la Germania (2-0) in un altro incontro tra i più sentiti nella storia del calcio europeo. Il 10 luglio 2016, allo "Stade de France" di Saint-Denis andò in scena l'ultimo atto della manifestazione, con i francesi che rincorrevano il loro terzo titolo continentale ed i lusitani affamati di vittoria e rivincita per l'edizione casalinga di dodici anni prima persa con la Grecia.

Tutti si aspettavano la classe di Cristiano Ronaldo, che invece uscì al 25' a causa di un terribile fallo, tra l'altro neanche sanzionato dall'arbitro inglese Clattenburg e curiosa fu l'immagine di una farfalla che si posò sul suo viso segnato dal dolore, quasi a volerlo consolare.

La partita fu comunque emozionante, con parate spettacolari, un palo per i transalpini ed una traversa per i portoghesi, fino al lampo di Eder nel secondo tempo supplementare: un tiro da fuori area che accarezzò il terreno di gioco per infilarsi nell'angolino superando il portiere Lloris disteso in tuffo.

Al triplice fischio finale, un'intera nazione si riversò nelle strade unita come non mai nei festeggiamenti: se le favole di Islanda e Galles, pur restando affascinanti, erano rimaste incompiute, quella del Portogallo era giunta sul tetto d'Europa.

 

 

 

 

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