lo spunto

Servirebbe una svolta tattica: rossoblù in crisi di identità

Bologna in crisi di risultati, gioco e gol. La squadra commette gli stessi errori e davanti non tira in porta: il 4-3-3 ha dato tutto quello che poteva dare

Manuel Minguzzi

La premessa, in questi casi, è d’obbligo: guai a considerare Roberto Donadoni il capro espiatorio di questa crisi. Quando si perdono quattro partita in fila, nei modi più disparati, la responsabilità è generalizzata e non riconducibile solo ad un personaggio. Donadoni non è da esonerare, anzi, può guidare il Bologna per i prossimi dieci anni se Saputo lo vorrà, ma di sicuro si possono criticare alcune sue scelte.

I dati parlano chiaro, nelle ultime quattro sfide il Bologna ha subito 12 gol facendone 2, il tutto con un 4-5-1 che in alcuni casi ha stabilizzato la fase difensiva inibendo quella offensiva. Giustamente, dopo i 7 gol presi con il Napoli, Donadoni ha scelto di essere più prudente, ma non sempre di fronte ci sono gli azzurri di Sarri. La domanda è: come è possibile che il Bologna abbia realizzato solo 2 reti in 360 minuti quando in avanti si sono alternati tutti gli attaccanti disponibili? Il problema era Destro, si diceva, ma nemmeno Sadiq e Petkovic hanno segnato, almeno il croato con l’Inter ha giocato comunque una partita di spessore, tanto da inchiodare Donadoni sulla scelta del nigeriano a Marassi. In sostanza, un finto 4-3-3 con gli esterni a sessanta metri dalla porta difficilmente può portare ad una pericolosità offensiva tangibile. Tant’è che le 2 reti segnate nelle ultime 4 partite sono arrivate dalla testa di un difensore e dal piede di un mediano. Qui risiede il problema, il Bologna recupera palla lontano dalla porta, ma per ripartire non bastano i Verdi e Krejci sulle fasce, sfiancati da un lavoro difensivo imponente. Servirebbe un uomo tra le linee, in modo tale da poter verticalizzare immediatamente e nel frattempo aprire spazio sugli esterni. Altrimenti si crea un imbuto in cui gli avversari si limitano ad ostacolare le nostre ali, stoppando sul nascere la possibile ripartenza.

In fase di possesso palla, inoltre, da Castelrotto a oggi il Bologna non ha risolto i propri problemi. In Trentino, c’ero, il Bfc arrivava comodamente sulla trequarti avversaria ma poi si perdeva contro una difesa schierata, esattamente quello che succede oggi. Sotto questo punto di vista la crescita probabilmente non c’è stata: nel giro di sette mesi i cambiamenti sono dello zero virgola. In termini più generali, è lecito chiedersi se il progetto giovani possa essere considerato aderente al metodo di lavoro di Donadoni. L’anno scorso, a salvezza ottenuta, il mister ha puntato sui 36enni Brienza e Brighi e in alcuni casi ha dato spazio ai desaparecidos Zuniga e Constant, c’era invece il tempo e lo spazio per i giovani Mbaye, Pulgar, Rizzo, giusto per citarne alcuni. Questi avrebbero potuto maturare prima, facendosi trovare già strutturati per la stagione corrente. E la sensazione è che Mbaye non avrebbe giocato nemmeno ora se non ci fosse stata la sequenza di infortuni dietro. Stridono, inoltre, le esclusioni di Di Francesco e Donsah proprio nel momento in cui stavano dimostrando di essere in palla. In sintesi, probabilmente Donadoni avrebbe potuto incidere di più sulla crescita della squadra in passato, ma ora ha l’occasione per dare una svolta in vista del futuro, per fare uscire dalle secche un Bologna inchiodato da 4 ko di fila. Ci sarà un problema mentale visti i gol presi in fotocopia nel finale, ma almeno in fase offensiva è lecito fare di più e meglio tatticamente. Non è che forse il 4-3-3 ha già dato tutto quello che poteva dare?

tutte le notizie di