lo spunto

Ora tocca a Donadoni, la duplice responsabilità del mister

Il tecnico deve ottenere risultati a far progredire i giovani, ora le responsabilità sono su di lui.

Manuel Minguzzi

Claudio Fenucci in conferenza stampa è stato chiaro: "Crediamo che la rosa sia migliorata". Non solo, l'amministratore delegato ha sentenziato cinicamente che i campioni il Bologna non può permetterseli, cercherà di crearseli in casa perché ci sono tanti giovani con un potenziale di crescita importante. Da qui le operazioni di mercato senza nomi di particolare richiamo, perché è compito del mister far crescere i giocatori presenti in rosa e su cui il Bologna ha investito l'anno scorso.

Se volessimo sintetizzare: la dirigenza del Bologna pensa di aver agito bene sul mercato, da qui in poi tocca al mister mettere in campo la squadra migliore. Una bella responsabilità per Donadoni, che ora si ritrova a fare risultati e a sviluppare il potenziale della rosa. Ovvio, le due cose possono andare di pari passo. In questi casi, comunque, esporre il mister in maniera così chiara - probabilmente non voluta, chissà - può tradursi in un errore per il semplice fatto che, se le cose non dovessero andare bene, l'unico a pagare sarebbe Donadoni.

In realtà, la preoccupazione può risultare vana considerando l'obiettivo del Bologna e la rosa allestita, ma la sensazione è che ora sia tutto sulle spalle del mister. Per fortuna, il tecnico è stato il vero valore aggiunto da quando si è seduto sulla panca rossoblù e di certo è consapevole del compito che lo aspetta. Una missione sposata in estate nonostante il corteggiamento di Tavecchio e della federazione. Poi su quali garanzie abbia richiesto a Saputo non è dato saperlo, ma se è rimasto al suo posto significa che ha sposato la linea societaria, quella basata su un leggero ridimensionamento delle risorse investite sul mercato. Una volta il mister disse che si augurava potesse essere il Bologna la sua big, rispondendo a chi ciclicamente gli chiedeva come mai non si fosse mai seduto sulla panca di un top club, e chissà se il suo pensiero è ancora questo e chissà se è disposto ad attendere il 2018 per l'innalzamento dell'asticella. Noi ce lo auguriamo.

Chiusura su un paio di articoli usciti recentemente sulla stampa. Ribadito ancora una volta il fatto che meno si riaprono parentesi sulle recenti gestioni e meglio è, anche perché nessuno, dirigenti e calciatori inclusi, sono immuni dalla disfatta della retrocessione e del rischio fallimento, il prodotto che più fa pensare è quello relativo al debutto di Di Francesco in azzurro. Intendiamoci, che piacciano o meno le varie interviste, è logico da parte della stampa creare anche pezzi che possano produrre un argomento caldo di discussione; effetto prontamente nato. Quello che ci sta meno è sottolineare il debutto di un calciatore in nazionale senza mai citare nemmeno di striscio il club di appartenenza. Se Di Francesco fosse stato della Juve, piuttosto che le lodi sul debutto sarebbero arrivate quelle verso la squadra proprietaria del cartellino...E se a Bologna siamo affetti ancora da un certo provincialismo, da altre parti si adopera un nazionalismo estremo senza ritegno. Un problema che non avrà mai risoluzione.