lo spunto

Il miracolo di Santa Rita

San Delio Rossi non crede finché non vede e non indossa la tunica rossoblù per fare miracoli. Toccare con mano le ferite sulla pelle provata di questo Bologna, non farà di un allenatore un demiurgo capace di sanare ogni male e...

Manuel Minguzzi

San Delio Rossi non crede finché non vede e non indossa la tunica rossoblù per fare miracoli. Toccare con mano le ferite sulla pelle provata di questo Bologna, non farà di un allenatore un demiurgo capace di sanare ogni male e dare ai nostri la cura per uscire sani e salvi dal girone dei play-off. Sapevamo tutti che era tardi, troppo tardi per sostituire Lopez e di certo, a poche partite – cruciali – dalla fine del campionato, nessuno si aspetta e si aspetterà la cosiddetta “impresa”. La squadra, come è stato ripetuto ormai a iosa, non ha leader, non è in forma e in grado di affrontare l’ultima marcia verso l’orizzonte prossimo della serie A. Scendere al quarto posto dopo lo schiaffo di Luppi a Vercelli, è stata l’ennesima dimostrazione che neanche il mister riminese può fare molto contro l’indolenza corale di una truppa forse troppo demotivata e scoraggiata per fare un ultimo, disperato sforzo. Lo stesso sforzo che era stato richiesto contro il Frosinone, la medesima cattiveria dichiarata dai giocatori prima di Avellino e il sangue agli occhi che doveva accecare i nostri nello scontro al Piola. Oltre al campo sintetico, altrettanto duri e giusti sono stati i commenti di Di Vaio e del mister a fine partita, nel rimarcare con acerba rassegnazione che l’atteggiamento dei nostri in campo non somiglia a quello di un gruppo all’altezza delle aspettative e dei compiti assegnati: riportare il Bologna in serie A.

Se si pensa che il motto di maggio sul calendario del BFC è “Voglia di vincere” e la frase di giugno recita “Vittoria”, i risultati sin qui raggiunti suonano come una presa in giro. Gli scaramantici diranno che chi dice gatto prima di averlo nel sacco (il pres Tacopina lo direbbe alla Trapattoni), non dovrebbe lavorare nel mondo del marketing: lo sguardo rabbioso e goliardico di Daniele Cacia sul calendario è la sola immagine emblematica che ci resta di una cattiveria mai espressa dai nostri in questo mese funesto e saturo di flemmatici pareggi. Ironia di una sorte che è toccata più o meno a tutti, dai giocatori esperti della cadetteria, ai campioni sottratti ai riflettori della A, passando per le giovani promesse in erba che a mio dire, in tutta questa faccenda, si sono comportati da allievi encomiabili (Masina e Ferrari). La questione arbitrale ha inciso il giusto, infliggendo ulteriori colpi al morale della squadra, ma anche senza cadere nel vittimismo e nel rimpianto di questo o quel rigore negato, si può dire che la personalità della squadra non si è mai formata e non è mai avvenuto quel passaggio necessario che avrebbe avvicinato l’attuale bfc alla grandezza del BFC (a lettere maiuscole). Inutile parlare di attaccamento al blasone, alla maglia, ai colori e persino ai dollari canadesi: i giocatori sono di passaggio o in prestito, guardano alle clausole dei contratti e firmano per la stagione con una promessa – più o meno attendibile – di crescita o di un riscatto che a volte non arriva. L’idea di entrare nella storia e sorridere al fotofinish tra la folla in tripudio, dovrebbe far gola più dellla certezza di un rinnovo...

Insomma, avrei voluto scrivere il Pagellone di fine campionato seduto comodamente su un lettino in riva al mare, invece mi trovo alla scrivania, con il pc ancora bollente e le lettere della tastiera consumate dalla foga di una scrittura esausta e febbrile a un tempo. Scrivere di questo Bologna è diventato sfiancante, paragonabile all’impeto delle stenografe in tribunale, quando traspongono le dichiarazioni dei testimoni: dobbiamo stare attenti ai dettagli, soffermarci sulle virgole, sulle pause, riprendere le stesse dichiarazioni nel post-partita dai giocatori che ci rifilano versioni diverse degli stessi fatti. Inesorabili fatti come palle perse, mancanza di cattiveria, poca attenzione, gestione ingenua del vantaggio, sviste e sofferenze varie. Questo lavoro a volte diventa frustrante e sinceramente, dopo aver criticato Lopez e non essermi opposto al suo esonero, non mi capacito di come davvero ogni gioia ci debba essere proibita a prescindere dagli allenatori. Il Bologna doveva essere la squadra di punta, la più temuta con il miglior attacco, la più invidiata. Invece non sono serviti neanche i dollari canadesi a dare quella motivazione e quella voglia inarrestabile di vincere ad ogni costo che avrebbe certamente portato la rosa sulle ali della promozione diretta. In A diretti ci vanno il Carpi e il Frosinone e sfido chiunque a conoscere vita morte e miracoli di almeno 8 su 11 giocatori delle rispettive squadre (con rispetto parlando e complimenti a parte per il meritato successo).

A proposito di rose e di miracoli, il titolo dello Spunto chiama in causa Santa Rita, la santa “avvocata dei casi impossibili” che si festeggia proprio il 22 maggio. Non sono religioso o devoto e come Delio non credo che il Bologna avrà una possibilità di giocarsela e salire al terzo posto, finché non vedo con i miei occhi un segnale chiaro di VITA da parte della squadra. D’altra parte, arriva un momento in cui vuoi credere che alcuni eventi della vita siano anche un po’ opera del destino, della fortuna o della buona sorte, e sicuramente per il Bologna questa è stata, complessivamente, una stagione sfortunata. Santa Rita è la santa delle Rose e sicuramente il BFC in questo momento, è quasi una causa persa... Non ci resta che sperare in una benedizione dall’alto, perché più in basso del quarto posto ci aspetta un altro anno di B.