lo spunto

Dalle stelle alle stalle e…di nuovo alle stelle!

Quattro mesi di passione, in cui l'aspetto razionale ha lasciato spazio a quello umorale. Da brocchi a fenomeni nel giro di due partite, in realtà il potenziale c'è sempre stato

Manuel Minguzzi

9 giugno, un’altalena di emozioni. Festa grande in Piazza Maggiore, salvati dalle traverse, dalle parate di Da Costa, dai gol di Sansone. Poco importava: serviva la promozione ed è arrivata. Tutti felici, tutti contenti e rassicurati da quella proprietà made in Canada che non ci avrebbe più fatto penare. Eravamo alle stelle, contenti della compagine dirigenziale con Fenucci, Corvino e Di Vaio, tre personaggi che desideravamo da anni. Riposo, un po’ di vacanza. Poi ricomincia la stagione e Corvino decide per la rivoluzione, si cambia tanto, quasi tutto. La tifoseria è in subbuglio e trepidazione perché si aspetta un mercato di un certo livello. I tempi si dilatano, arrivano Rossettini, Mirante e altri giocatori di esperienza come Franco Brienza. La difesa viene completata in breve tempo ma su tutti gli altri reparti il ritardo diventa evidente. Corvino entra nel mirino delle critiche, manca mezza squadra. Anche il budget viene giudicato insufficiente e quando il Ds perde sia Defrel che Duncan monta la psicosi. Saputo non spende, Corvino è bollito. Poi parte la ricerca all’attaccante, il bomberone, l’investimento che potrebbe far vendere migliaia di abbonamenti e magliette. Circolano nomi di ogni tipo, da Okaka a Pellè, da Eder ad Abel Hernandez. Alla fine arriva Destro dopo una estenuante trattativa, con lui Giaccherini, Donsah e Taider, il mercato riprende quota, con qualche remora, ma i tifosi si galvanizzano e accolgono Mattia in Stazione come fosse una star.

In mezzo a tutto questo, la partita di Roma con la Lazio: una goleada evitata. I ragazzi di Pioli annichiliscono il Bologna nel primo tempo ma ne fanno solo due, i rossoblù sono un colabrodo sugli esterni, un problema che si trascineranno dietro per due mesi, ma quella sera nessuno lo sa ancora. Mancosu riapre i giochi e tutti noi pensiamo di aver perso un bomber da B per averne ritrovato uno da A. Matteo non ha mai segnato in rossoblù in cadetteria, nonostante sia stato capocannoniere a Trapani, ma bolla al debutto in Serie A. Chissà che non sia un segno del destino. No, non lo è. L’illusoria occasione di Brighi nel recupero, sventata da Berisha, cambia i giudizi su un Bologna palesemente in difficoltà. Una situazione mitigata dal risultato finale con un solo gol di scarto.

Rossi lavora tra infortunati e giocatori fuori condizione, ha condotto due ritiri inutili ai fini della condizione generale della squadra e in più è chiamato a crescere elementi giovani e privi di qualsiasi esperienza in massima serie. Il mister chiede tempo, la società glielo concede ma le sconfitte proseguono. In mezzo al calderone anche la dirigenza, passata da essere la migliore del mondo alla più incompetente sulla piazza. Si sa, l’umore dei tifosi si fa trascinare dai risultati. Gli addetti ai lavori dovrebbero invece mantenere più equilibrio e infatti analizzano la situazione come una convergenza di aspetti negativi, non voluti. Il mercato ritardatario è frutto di trattative estenuanti durate mesi, per sbloccarle Saputo ha dovuto anche sbloccare qualche capitale in più. Rossi non ha potuto lavorare con serenità, infatti non è riuscito a costruire una identità precisa di squadra. Proviamo a fornire una visione più lungimirante, senza negare qualche errore commesso in fase di mercato: il Bologna è una squadra con potenziale, ci vuole tempo e forse un allenatore nuovo. Mentre i media passano per visionari, la squadra inizia piano piano a uscire dal guscio dopo l’unica vittoria contro il Frosinone: Masina accende una speranza a Modena. Ma si sa, quando un allenatore è a rischio al primo nuovo capitombolo salta. Arriva l’Inter, la squadra di Mancini vince in pantofole sfruttando un colossale errore di Ferrari e un incredibile gol sbagliato da Destro. Sembra la fine: sono tutti brocchi.

Arriva Donadoni, cade l’ultimo paravento davanti a Corvino. L’ex c.t. della nazionale salva capra e cavoli con due vittorie in fila e anche per i tifosi il Bologna non è poi così male. Nel giro di quattro mesi siamo passati dalle stelle alle stalle e di nuovo alle stelle. Ora sono tutti fenomeni. Credo invece che ci sia una via di mezzo, ovvero una squadra giovane costruita con qualche rischio ma che ha sempre avuto le carte in regola per salvarsi. Si trattava di tirare fuori il potenziale nascosto che abbiamo visto nelle ultime due partite, trovare un allenatore in grado di limitare i punti deboli del Bologna esaltando le note più liete. Masina, uno dei più criticati, ora è l’esempio lampante dell’esplosione di talento di alcuni giocatori del Bologna. Qualcuno si è perso (Pulgar) altri sono saliti di livello come Diawara e Donsah tra i giovani, Gastaldello, Rossettini e Destro tra i più esperti. Cosa significa tutto questo? Che le qualità c’erano e ci sono. Ecco perché lasciarsi prendere dalle emozioni può essere fuorviante. Anche ora, perché  il Bologna vince ma non ha certo concluso l’opera. Non siamo diventati fenomeni, siamo semplicemente migliorati. La strada è ancora lunga.