editoriale

Sfortunati con Doveri, fortunati con Saputo

Potranno esserci state tutte le polemiche legate al campo, all’arbitraggio, al fatto che”la partita era già decisa e, visto che il Milan deve andare in Europa League, l’arbitro ha agito rispettando il copione che gli era stato...

Giacomo Bianchi

Potranno esserci state tutte le polemiche legate al campo, all'arbitraggio, al fatto che”la partita era già decisa e, visto che il Milan deve andare in Europa League, l'arbitro ha agito rispettando il copione che gli era stato ordinato”, al rigore non dato a Floccari e a quello trasformato da Bacca, e chi più ne ha più ne metta, ma la gara di sabato sera è stata comunque una festa. Al triplice fischio del mediocre (dai, diciamo così) arbitro Doveri, nessuno dei presenti allo stadio ha più pensato alla partita, ma si è giustamente concentrato sull'applaudire e ringraziare una squadra che ha chiuso la sua stagione con la salvezza guadagnata con tre turni di anticipo. In quel momento nessuno si è più ricordato delle prime dieci partite di campionato, nessuno si è più ricordato del rivedibile mese e mezzo passato senza vincere una partita tra marzo e aprile, nessuno ha pensato che, nel complesso, non è che in casa si sia gioito così tanto quest'anno (nove sconfitte, cinque pareggi e cinque vittorie). Nessuno ha voluto togliere lo sguardo, i pensieri e gli applausi da quel momento, da quel lungo abbraccio immaginario che ha legato i giocatori di Donadoni ai ventimila tifosi accorsi al Dall'Ara con la sciarpa al collo, la bandiera e la maglia rossoblù. È stato un momento emozionante, ed è stato bello anche riviverlo nel post-partita, quando a freddo ci si rende conto di quanto affetto e di quanto amore la gente nutra per questa squadra. Ci saranno sempre i nervosismi, le tensioni, l'arrabbiarsi l'uno con l'altro -proprio come accade in tutte le relazioni amorose-, ma alla fine si torna lì, ad abbracciarsi, stringersi, e rendersi conto di quanto grande sia questo sentimento. È stata enorme l'emozione provata nell'applaudire i giocatori, ma è stato indescrivibile il tributo che la gente ha voluto regalare al suo presidente, Joey Saputo. Bologna ha vissuto momenti bui e tetri, momenti nei quali la luce alla fine del tunnel sembrava lontanissima, momenti nei quali non si era sicuri di nulla, nemmeno se si sarebbe sopravvissuti.

Però, da quei momenti, sembra passata una vita: in realtà è passato solo un anno e mezzo dalla gestione guaraldiana, è passato un anno e mezzo da quando Saputo e Tacopina hanno messo piede per la prima volta a Bologna, e non è un tempo così lontano. Però Saputo è riuscito a farci dimenticare tutto, è riuscito a cancellare i dubbi e le incertezze, è riuscito a ridare gioia e speranza ad una piazza che stava navigando sempre di più verso le incognite del mare aperto. Saputo ha fatto attraccare la sua barca in un porto tranquillo e sicuro, e con spese (tante), idee (ancora di più), un progetto serio e un impegno quotidiano, ha ridato gioia alla gente di Bologna. Che adesso è la SUA gente. Che sabato sera gli ha tributato un lunghissimo applauso, una lunghissima ovazione, un lunghissimo abbraccio, che vale più di ogni parola e di ogni riga scritta in questi articoli. “Non ho mai provato un emozione così in vita mia”, ha detto Saputo, e l'emozione si è percepita nei suoi gesti, nel suo “linguaggio del corpo”, e nel suo conversare e salutare ogni persona in balaustra. È stato un momento indimenticabile, un momento che rimarrà nella storia di questa stagione, e non solo. Bologna e i bolognesi ci mettono poco ad affezionarsi alle persone, però sono anche bravi a capire se si tratta di fuochi di paglia o di sentimenti veri. Saputo ha avuto la forza di entrare in punta di piedi, di non andare mai oltre le righe, di essere sempre pacato e di intervenire sempre nel momento del bisogno con le parole e le azioni giuste. Ed è così che si è guadagnato l'affetto della sua gente, non solo con i tanti soldi spesi. Abbiamo con noi un uomo vero, che si dimostra tale giorno dopo giorno. Siamo fortunati, non dimentichiamolo mai.