editoriale

Quella mia prima volta allo Juventus Stadium

Era il 31 ottobre del 2012. Alle ore 20:15 il bus si fermò nel parcheggio e mentre i tifosi scendevano io potevo vedere nei loro occhi la stessa luce e la stessa speranza che avevo nel mio cuore. Superati i tornelli dell’ingresso E un fiume...

Lorenzo Romandini

Era il 31 ottobre del 2012.

Alle ore 20:15 il bus si fermò nel parcheggio e mentre i tifosi scendevano io potevo vedere nei loro occhi la stessa luce e la stessa speranza che avevo nel mio cuore.

Superati i tornelli dell'ingresso E un fiume di gente si riversava all'entrata dello stadio.

Quando arrivi davanti allo Juventus Stadium non riesci a percepirne la grandezza, la maestosità; il campo è interrato e di conseguenza la struttura sprofonda nel terreno.

Hai soltanto la percezione di essere davanti a qualcosa di nuovo, moderno e ottimamente realizzato.

Due grandi piloni bianchi si ergono sopra il semicerchio formato dallo stadio e sono inclinati quasi dovessero cadere. Sono ricoperti da strisce verdi e rosse formando così i colori della bandiera italiana.

Tutto l'esterno dello stadio riprende questi colori (il grigio, il bianco, il rosso e il verde) ma difficilmente questo impianto si può identificare come lo stadio della Juventus (almeno nella parte visibile ai tifosi ospiti). Ti sembra quasi di essere in uno stadio neutro e non nella tana del nemico, quasi dovesse giocare la Nazionale e non il nemico.

Mentre percorri la strada per entrare nella “pancia della balena”, la tua pancia inizia a borbottare, provi quella strana sensazione di inadeguatezza e eccitazione, mentre i peli delle braccia si rizzano al primo coro noto.

Alle 20.31, dopo aver superato qualche rampa in salita, mi ritrovai dentro il tunnel che portava nel nostro settore.

Urlavo, gridavo perché dovevo sovrastare il frastuono che arrivava da quella luce in fondo lontana.

Passo dopo passo, urlo dopo urlo mi affacciai sul prato verde.

La cosa che più mi ha colpito è stato vedere lo stadio in “16:9”; il settore ospiti sopra di noi andava giù a picco quasi a toccarmi. Lo stadio pareva incorniciato.

Un'emozione più unica che rara, tutto il settore bolognese era gremito e pian piano lo stadio si stava riempiendo.

Appena mi sono affacciato oltre “quella cornice” ho potuto realizzare quanto fosse immenso l'intero impianto, perfetto in ogni suo punto. Anche da dove eravamo noi avevi la percezione di essere dentro il campo, vedevo i giocatori del Bologna che si allenavano sotto la nostra postazione e potevo quasi toccarli. Si erano messi sotto nostra curva, proprio attaccati alla bandierina come se volessero un caldo abbraccio da parte dei loro tifosi.

Neanche a farlo apposta, dopo neanche 20 secondi, senza neanche aver trovato una sistemazione per la partita, ho iniziato a saltare al coro “E Juve m... Juve Juve m... e Juve m.... Juve Juve m...”

La ripresa del mio telefonino adesso diventava tutta tremolante, mi giravo da una parte all'altra, saltando in alto in basso e anche se tutto ormai si era tramutato in indistinti colori, la definizione del sonoro e delle parole scandite della curva, era perfetto.

Il tempo che ci accompagnava era forse il migliore per questa tipologia di partite, quella pioggerella delle grandi occasioni che rende speciale ogni notte che sia una partita di Champions o una di Serie A. Ovviamente non vi sto a dire che neanche una goccia durante la partita ci ha scalfiti; lo Juventus Stadium infatti è dotato di una struttura che copre ogni settore e quando alzavi lo sguardo, vedevi la pioggia illuminata dai riflettori che cadeva leggera sul campo.

Altri 20 secondi e subito un altro coro:

“Forza ragazzi alè …

Alè bologna …

sempre insieme a te …

comunque vada …

devi sapere che …

noi non ti lascieremo mai da soloo … "

E via di bandiere, e via i colori rossoblù che si stagliavano forti contro il bianco e il nero che dominava l'interno stadio. La particolarità infatti è proprio questa, se all'esterno trovavi sicurezza nel non vedere stemmi o colori bianconeri all'interno dello stadio tutto ricordava e parlava di Juve.

Ho iniziato quindi a scendere pian piano i gradoni trovando poi la sistemazione migliore per guardare la partita, sgomitando tra il fiume rossoblù.

Nel pullman ripensavo a come avevamo ingenuamente perso punti nelle partite precedenti contro l'Inter e contro il Cagliari ma già dall'entrata questi pensieri si erano persi perché quando sei contro la Juventus non ti importa più la posizione in classifica, né quanti punti hai; hai soltanto voglia di esultare, di tenere testa alla squadra che hai di fronte, di strappare anche un solo punto, di poterli ridare tutti i torti che ci hanno causato negli ultimi anni, di poter magari vincere all'ultimo secondo con un gol in fuorigioco, di poter schiacciare la tua faccia contro i vetri che ti separano dagli avversari e urlare a squarciagola.

Quella volta l'abbiamo fatto, quella volta pensavo davvero di averla sfangata, di aver portato a casa un punticino insperato, quella volta al gol di Taider era come essere ritornati bambini, senza regole alcune. Solo frastuono, urla e gioia infinita.

Mi ricordo che giravo la testa da una parte e dall'altra per poter vedere ogni singolo volto degli Juventini disperati in tribuna o nella curva adiacente alla nostra, urlandoli contro qualsiasi cosa.

Ma anche le favole più belle molto spesso nascondono nel finale un'inaspettata amarezza.

All'incirca al 92º del secondo tempo (a partita ormai finita) Giovinco dalla sinistra del campo va via in velocità e aggiungerei anche con grandissima facilità ad un Paponi appena entrato (quindi fresco, che poteva benissimo seguire l'uomo) e rientrando sul destro, mette un cross leggero e morbido in aria di rigore (una mozzarella).

La palla viaggia e mentre viaggio gira e Agliardi fa la cosa più sbagliata che in questi casi si possa fare: inizia correre verso la palla e nel momento in cui capisce che non può più raggiungerla si ferma di colpo e si butta per terra, regalando alla Juve il 2 a 1 e la vittoria, grazie al colpo di testa, facile facile e a porta vuota di Pogba.

Come ho già più volte ripetuto nel corso del mio racconto, lo Juventus Stadium ha la caratteristica di essere davvero molto trasparente, nel senso che il settore ospiti con il resto dello stadio è separato da vetri trasparenti. Nel momento del gol sono riuscito a vedere tutte quelle persone che avevo mandato precedentemente "a quel paese" ridarmi tutto nuovamente.

Vedevo lo stadio letteralmente guardarmi e insultarmi, una sensazione davvero di profondo disagio.

Dopo il fischio finale, la gente Juventina ha repentinamente svuotato l'impianto lasciandoci nel silenzio della struttura.

Noi bolognesi siamo rimasti per i soliti 20/30 minuti canonici all'interno dell'impianto e questo mi ha dato l'opportunità di vedere questa magnifica struttura nelle sue due vesti: spoglia e ammantata di gente.

Il colpo d'occhio in entrambi i casi è davvero speciale.

Sono convinto che il merito degli scudetti della Juve, almeno nei primi due anni, sia da attribursi, almeno in un complessivo 85%, alla perfezione, funzionalità e modernità di questa struttura.

Sono riusciti a creare un impianto perfetto e oltremodo sicuro; portando i tifosi italiani, solitamente abituati a vedere le partite con il binocolo e in stadi fatiscenti, in un tempio del calcio e ad un passo dai giocatori.

Ricordando quella notte, ovviamente non si può fare rifermento solo ed esclusivamente allo stadio ma anche alle formazioni che sono scese in campo. Queste erano le rose titolari che si sono affrontate quella notte di Halloween di tre anni fa.

Guardando le due squadre e vedere giocare Bendtner titolare mette ancora un pò i brividi.

Domenica sera in rappresentanza di quel lontano 31 ottobre soltanto Taider sarà l'ultimo superstite; il giocatore che in quella partita era riuscito a fare la differenza e a colpire i bianconeri.

Domenica sera troveremo una Juventus affamata di punti, con il dente avvelenato e in fondo alla classifica come poche volte nella sua storia. Una Juventus in difficoltà ma mai da sottovalutare perché proprio quando un animale è ferito che attacca nella maniera più spietata per potersi difendere e rialzare.

Noi però non dobbiamo avere paura, dobbiamo entrare con gli stessi occhi e la stessa fame con i quali, quel 31 ottobre, abbiamo valicato i tornelli dello stadio.

La squadra dovrà essere attenta, giocare di anticipo, chiudersi, ripartire e correre correre e correre con sacrificio, cercando la prestazione migliore della loro vita.

Io nuovamente ci sarò domenica sera e spero di poter schiacciare nuovamente la mia faccia contro i vetri del settore ospite.

Fino Alla Fine Forza Bologna #weareone