editoriale

Non siamo pronti

Non siamo pronti. No, non mi riferisco alla squadra, che pure a Vicenza ha messo in mostra evidenti lacune sul piano atletico (soprattutto a centrocampo) e tecnico (urgono rinforzi, che presto arriveranno). Sto parlando della piazza, o almeno di...

Marco Francia

Non siamo pronti. No, non mi riferisco alla squadra, che pure a Vicenza ha messo in mostra evidenti lacune sul piano atletico (soprattutto a centrocampo) e tecnico (urgono rinforzi, che presto arriveranno). Sto parlando della piazza, o almeno di buona parte di essa, che sta vivendo con eccessiva apprensione questo mercato tutt’altro che semplice e che – soprattutto – non sta sostenendo come dovrebbe una squadra giovane sotto tutti i punti di vista.

Per spiegare meglio quel che sto cercando di dire, riavvolgiamo il nastro e torniamo indietro di circa un anno: freschi di retrocessione e con una società morente, sull’orlo del baratro, il Bologna viene umiliato dall’Aquila al Dall’Ara ed esce prematuramente dalla Coppa Italia. La difesa non convince (“bisogna prendere un centrale d’esperienza”, si dice da più parti), il centrocampo neppure (“Matuzalem giocherà sì e no 20 partite quest’anno”) e l’attacco non ingrana, nonostante il mercato abbia portato un bomber di razza per la categoria come Daniele Cacia. C’è rassegnazione, in pochi credono che la squadra possa lottare per la qualificazione ai playoff e nessuno – proprio nessuno – osa pensare che il Bologna possa lottare per la promozione diretta; anzi, qualcuno ipotizza addirittura che i rossoblù dovranno faticosamente lottare per non retrocedere.

Bene, quattro mesi più tardi quello stesso Bologna (con un Buchel e un Improta in più) avrebbe concluso il girone di andata al secondo posto, per poi conquistare lo scorso 9 giugno una soffertissima ma meritata promozione. La difesa si sarebbe dimostrata affidabile anche senza quel giocatore di esperienza che tutti (quasi tutti) reclamavano, grazie soprattutto all’esplosione di quel Marios Oikonomou in cui nessuno (Lopez compreso) credeva e che oggi, a 12 mesi di distanza, in molti non cederebbero nemmeno davanti a un’offerta vergognosa (citazione libera). A fine campionato, Matuzalem non solo avrebbe timbrato la bellezza di 34 presenze (e chissà quante sarebbero state senza le mille giornate di squalifica scontate), ma sarebbe anche diventato uno dei principali protagonisti della valorosa resistenza rossoblù nei soffertissimi playoff di fine primavera.

Dove voglio arrivare? Voglio arivare a un punto semplice, banale, che dovrebbe essere scontato per una piazza che si autoprofessa grande intenditrice di calcio e che guarda con sdegno le stravaganze delle altre, incontentabili piazze. Voglio dire che non si può demolire una squadra, per di più molto giovane come il Bologna di venerdì sera, alle prime difficoltà. Dopo appena una partita ufficiale, per esempio, Rizzo e Crisetig (rispettivamente 23 e 22 anni) sono già stati bollati come acquisti sbagliati, come brocchi, come giocatori non affidabili; in maniera molto superficiale, sono già stati identificati come problemi e non risorse, senza tenere in conto che contro il Pavia hanno giocato ben lontani dalla migliore condizione, contro una squadra che dal punto di vista atletico stava molto meglio di noi. Rizzo e Crisetig, così come Masina e Ferrari, Acquafresca e Rossettini, Brighi e Brienza, non devono essere al 100% della condizione adesso, i carichi di lavoro che hanno sostenuto in queste settimane permetteranno loro di avere in corpo la benzina necessaria durante il campionato, quando il risultato conterà di più.

Delio Rossi, dimostrando grande lungimiranza (almeno lui...), li ha fatti giocare lo stesso, con l’intento non solo di mettere minuti nelle gambe e di trovare la giusta amalgama con i compagni di squadra, ma anche di dimostrare fiducia nei loro confronti, nonostante altri (soprattutto Diawara, ma anche il baby-Silvestro) avessero dimostrato in allenamento e nei test di Sestola di stare fisicamente meglio di loro. Panchinare Crisetig e Rizzo alla prima ufficiale sarebbe stato un clamoroso autogol e Rossi, che per fortuna un briciolo di esperienza e di lungimiranza ce le ha, non ha esitato a metterli in campo, a costo di rimediare una brutta figura quale poi è stata. Una piazza saggia e matura avrebbe capito, non nascondendo certo la propria delusione per il brutto risultato, ma nemmeno massacrando due ragazzi giovani al termine di una partita che – diciamocelo francamente – conta davvero pochissimo. Dopo anni di bocconi amari, capisco (anche se a fatica) l’insofferenza di una piazza che ha una gran voglia di sognare sin d’ora, ma non accetto che si giunga a conclusioni così affrettate, specie quando si parla di giocatori giovani, che avrebbero bisogno del sostegno di tutti per rendere al meglio.

Per anni abbiamo invocato che le società che si sono alternate al comando del Bologna puntassero sui giovani: ora che – finalmente! – c’è qualcuno che lo fa, che i campioni vuole costruirseli in casa, aiutiamo a farlo. Nelle prossime due settimane arriveranno altri giocatori, molti dei quali giovani o giovanissimi, e un Bologna verde come non mai, che per tanto tempo abbiamo solo potuto sognare, prenderà definitivamente forma. Dimostriamo allora di essere pronti, di identificarci sul serio in quella piazza che per anni (quando non ci veniva data la possibilità di farlo) ci siamo vantati di poter essere.