editoriale

Non è (solo) questione di modulo

Gli ultimi catastrofici risultati hanno portato alla ribalta l'idea di un cambio di modulo: utile, ma saranno altri cambiamenti a fare la differenza.

Matteo Ragazzi

Un mese paradossale. Scatta la caccia al colpevole: tutti sul banco degli imputati, perché in una società nella quale le decisioni vengono prese e soprattutto condivise è regolare usare una visione d'insieme. Senza esagerare, sia chiaro.

Probabilmente siamo di fronte a una delle stagioni più difficili da giudicare in maniera corretta, lucida. Tanti, troppi i punti persi per orrori arbitrali. Tanti, troppi gli infortuni che hanno frenato ancora una volta gran parte dei ragazzi in rosa. Tanti, troppi errori da parte di singoli che in realtà dovrebbero garantirti solidità, salto di qualità. Un mix letale, quasi ingiudicabile. Si invoca un cambio di modulo, un cambio tattico che salvi il salvabile e che dia nuova linfa ad una squadra la cui stamina è al minimo stagionale. Questa è la stessa squadra che poco tempo fa raggiunse la parte sinistra della classifica, così giusto per ricordare. Più che un cambio di modulo, servirebbe un cambio di atteggiamento: non che un cambio tattico non sia gradito, ma non risolverà automaticamente i problemi di questa squadra. Andiamo a vedere i problemi principali incontrati sinora, di certo indipendenti dal 4-3-3.

Pressing: fondamentale. Fateci caso: la linea di pressione è sempre incredibilmente bassa, spesso portata dall'interno della propria metà campo. Due linee compatte, il cui baricentro è però troppo schiacciato. Cosa ne viene fuori? Primo: recuperare la palla lontano dalla porta avversaria implica una maggiore porzione di campo da coprire, minore pericolosità e un dispendio più importante di energie fisiche. Raramente viene tentata l'uscita alta, solitamente da Dzemaili e Nagy. Nella classifica dei palloni recuperati in Serie A non compaiono molti nomi rossoblù tra le prime posizioni: Maietta è settimo con 77 palloni recuperati, dopo di lui il vuoto. Un difensore, guarda caso, a riprova della tendenza di abbassare nella propria metà campo la linea di pressione. Per comporre il podio bisogna cercare fino alla 47esima posizione occupata da Blerim Dzemaili, 61esimo in graduatoria Adam Nagy.

Secondo: alla luce di questi numeri e considerazioni, saranno un caso le 15 reti subite (40% del totale) negli ultimi quindici minuti? Chiudersi e abbassarsi troppo comporta un baricentro troppo schiacciato: una situazione accettabile in certi momenti di gara, ma che non può essere applicata in maniera costante per tutti i 90 minuti.

1 vs 1: una tendenza costante, forse esagerata e dannosa. Krejci e Verdi sono gli esempi più lampanti, ma i numeri difficilmente mentono. Il Bologna è 18esimo per assist vincenti in Serie A (numero comprensibile considerando il basso numero di gol), ma la musica non cambia considerando gli assist totali (41) e la posizione in graduatoria rimane invariata. Parte dei problemi derivano dal centrocampo, composto da pochi palleggiatori, il giocatore più in forma - Dzemaili - è infatti fenomenale nel creare strappi di pura potenza fisica. Da questo punto di vista l'apporto di Destro, a livello di dialogo con i compagni di reparto e non, è stato decisamente deficitario.

Poca qualità (da dietro): parliamo di una condizione purtroppo immutabile dei nostri difensori centrali. Questione di ritmo: giro palla semplice, non particolarmente rapido, abbastanza scolastico. Ne escono in gran parte disimpegni tramutati in lanci lunghi. Uguale palle perse. Con Pulgar centrocampista centrale, Donadoni ha apportato una modifica ben visibile nella gara casalinga giocata contro l'Inter: allargamento dei centrali difensivi, innalzamento dei terzini e conseguente abbassamento del cileno per cercare di velocizzare il primo possesso. Una specie di difesa 3 in fase di possesso palla. Potrebbe essere interessante rivedere nel ruolo di regista come a inizio stagione Adam Nagy, centrocampista carico di personalità e ottimo palleggiatore, capace di vedere con i tempi giusti il primo passaggio in grado di velocizzare l'azione e non farla morire per mancanza di idee. Ormai è purtroppo chiara l'esclusione di Viviani, il migliore nel capire i giusti tempi di gioco.

Alla luce di queste mie considerazioni penso che un cambio di modulo possa essere comunque azzeccato e utile, ma deve essere supportato da un cambio di mentalità e atteggiamento in campo. E voi che ne pensate?

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