editoriale

Bologna: dove sono i tuoi leader?

Una sconfitta meritata giunta per mano di un avversario superiore, tecnicamente-tatticamente parlando e anche a livello di esperienza. Niente di tragico, da questo punto di vista, a Firenze in molti lascieranno punti per strada. Ciò che invece...

Matteo Ragazzi

Una sconfitta meritata giunta per mano di un avversario superiore, tecnicamente-tatticamente parlando e anche a livello di esperienza. Niente di tragico, da questo punto di vista, a Firenze in molti lascieranno punti per strada. Ciò che invece lascia basiti è la prestazione double face dei rossoblù: quadrati e diligenti nei primi quarantacinque minuti di gioco, disuniti e arrendovoli nella seconda metà. Alla luce di tale prestazione altalenante, non la prima da inizio campionato, bisognerebbe porsi una domanda tanto semplice quanto di difficile risposta: un crollo verticale di simile portata a cosa è dovuto? L'insufficiente preparazione e tenuta atletica non basta per spiegare un Bologna sì sulle gambe, ma senza mordente e personalità. La condizione fisica può non essere al massimo, ma la capacità di soffrire deve rappresentare una qualità imprescendibile per guadagnare qualche punto all'apparenza immeritato o insperato, Carpi e Frosinone docet. Appena il corpo invia segnali di resa, la luce si spegne. Black out. Basta poco per confondere e mandare fuori giri i rossoblù, basta un cambio: Ciofani e Kalinic su tutti. Basta poco perchè nessuno voglia prendersi responsabilità in momenti caldi, non a caso durante il secondo tempo di Firenze i rossoblù hanno letteralmente gettato un'infinità di palloni meglio amministrabili.

Carenza di personalità, mancanza di leadership. Personalmente suppongo sia questo il problema, di certo non a livello qualitativo. Il parallelo con la squadra che vinse i playoff di Serie B nasce spontaneo: entrambe le rose non sono o non sono state supportate dalla migliore condizione fisica, ma la tenuta mentale e caratteriale dei leader in campo e nello spogliatoio ha fatto la differenza. Dove non ti portano le gambe, deve portarti la fame, la cattiveria agonistica. I Matuzalem, i Coppola, i Maietta, i Morleo e anche i Casarini non hanno mai mollato, anzi, se possibile la loro sofferenza ha generato “garra” ulteriore da spendere nel rettangolo verde. In poche parole: un pallone scotta? Sai a chi darlo. Devi coprire e sei in ritardo? C'è qualcuno disposto a fare una corsa in più per te, a buon rendere. Più in generale: elevare il livello di gioco dei propri compagni. L'esempio lampante di questa mancanza di leadership secondo me risiede proprio nella scelta, anche se credo temporanea, del capitano: Rossettini non può rappresentarti. Il ragazzo che indossa il numero 10 sulle spalle non è un leader, non ha gli atteggiamenti giusti, è sicuramente un buon centravanti, ma non un comandante. Il rientro di Gastaldello, ed in parte di Giaccherini, appare sempre più come una manna dal cielo.

Senza disperarsi troppo nella ricerca di qualcuno che sappia guidare il gruppo in momenti di difficoltà, credo alla semplice verità che risiede in una risposta: se il tuo capitano non scende in campo, deve sedere in panchina. Due esempi celebri su tutti: Conte alla Juventus e Mou all'Inter, due condottieri. A livelli mediaticamente inferiori non mancano altri esempi: Sarri all'Empoli e Mihajlovic alla Sampdoria durante l'ultima stagione, Di Francesco al Sassuolo, Castori al Carpi e via dicendo. Mi sembra logico, almeno al momento, supporre che la squadra non si sia identificata con il proprio allenatore, Delio Rossi. Un Delio Rossi che, purtroppo, ha perso decisamente smalto e grinta dopo il fattaccio accaduto con Ljajic ai tempi di Firenze. E' prematuro e fuori luogo condannare l'ex tecnico di Palermo e Lazio così velocemente, ma la gara interna di domenica che vedrà contrapposte Bologna e Udinese segnerà un crocevia e consetirà a tutti di ricevere qualche ulteriore risposta. D'altronde, il cambio di guida tecnica rappresenta da sempre l'espediente più rapido per cercare di sovvertire ciò che – non – si è venuto a creare.

L'equilibrio, nel calcio come nella vita, è fondamentale per non perdere la rotta. Valutiamo settimana dopo settimana, essere tifosi non significa non guardare sinceramente negli occhi la realtà, ma esistono tempi che non possono essere accelerati.

Crederci sempre, a partire già da domenica.