editoriale

A.A.A. cercasi squadra: Bologna, chi ti ha visto?

Gli ultimi risultati sono la perfetta sintesi del momento rossoblù: la squadra è persa e Donadoni in confusione. Le altre continuano a viaggiare e le domande aumentano: domenica è bene ritrovarsi per chiudere definitivamente il discorso salvezza.

Matteo Ragazzi

Per me è ancora difficile dimenticare la batosta del San Paolo. E non credo di essere l'unico: per il modo in cui certe sconfitte maturano la parola umiliazione è pura utopia. Se non si scende in campo con la voglia di giocare a calcio come una squadra il risultato non può che essere già segnato e le ultime prestazioni desolanti portano tutte ad un unico comune denominatore. Se non per la maglia, almeno per amor proprio: da una buona stagione, tu professionista, puoi solo che trarne un beneficio assoluto. E se il tuo obiettivo è cambiare rotta e volare verso altri lidi non hai altre carte da giocare se non quelle della conferma sotto le Due Torri: mollare due mesi prima della fine del campionato non è un segnale rassicurante per qualsiasi società professionistica. D'altronde in tantissimi calciatori godono o hanno goduto di credibilità derivante da qualche stagione positiva in particolare, magari senza mostrare una particolare continuità. La salvezza quasi a portata di mano non può alleviare il dolore provocato da questa situazione inconcepibile, bisogna però rimanere sul pezzo per non dilapidare i 7 punti di vantaggio nei confronti del Frosinone in queste ultime quattro giornate, l'unico obiettivo tangibile è quello di evitare la tragedia (o figuraccia, per come si erano messe le cose). Purtroppo viene difficile giudicare la stagione in atto con lucidità a fronte di vertiginosi picchi di negatività e lampi di talento di abbagliante, ma una cosa è certa: la cavalcata splendida del primo periodo donadoniano a Bologna è ormai parzialmente dimenticata, un ricordo lontano e pallido di un periodo apparentemente appartenente ad un altro campionato.

La domanda sorge spontanea: perchè Empoli e Genoa, pur non avendo più nulla da chiedere al campionato, continuano a fare risultato contro avversari più motivati (Inter, per esempio)? Perché il Chievo non stacca mai la spina, regala spettacolo e nutre ambizioni europee? Forse la risposta non esiste, non è data a sapersi. O più semplicemente a Bologna viviamo su montagne russe, Bologna è una regola anomala nel panorama calcistico, mai vista in Serie A una squadra/società di tale portata e potenziale naufragare così miseramente nel finale di stagione dopo una parte centrale vissuta da protagonista: l'ultima vittoria risale a San Valentino, 0-1 a Udine, mentre l'ultima soddisfazione casalinga è datata addirittura il 31 gennaio, un 3-2 pazzesco maturato contro i blucerchiati di Montella. Obiettivamente non ricordo società così ricche e rose futuribili ma già competitive come quella rossoblù gettare alle ortiche buona parte del lavoro costruito in un arco di tempo relativamente ampio. Gli infortuni hanno pesato fin troppo, ma certi meccanismi interni si sono rotti, sfibrati ed è bene dirlo. Le voci societarie e quelle relative a Donadoni possono aver influito, ma solo per una minima parte e l’elemento della catene che pare aver sofferto di più ultimamente è proprio il mister rossoblù: troppa confusione, troppi esperimenti (Marios terzino, tralasciando le motivazioni e Acquafresca a Napoli) e tanta incertezza a microfono acceso. Ma ripeto: il mister è colpevole, non il maggior colpevole. Dato che i numeri difficilmente mentono, dall'infortunio di Destro rimediato contro l'Inter, i rossoblù hanno siglato due sole reti – contro Inter e Roma - in sei partite subendone però ben dodici, quindi due ogni 90 minuti. L’occhio in ogni caso non mente: la squadra che collettivamente si muove all’unisono per pressare e recuperare palla non esiste più, così come la voglia di soffrire tutti insieme, si corre poco e a basso ritmo.

Bologna, chi ti ha visto?

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